Ciò che paventavo nel precedente editoriale è purtroppo avvenuto: come ricorderete, eravamo a ridosso dell’appuntamento elettorale statunitense, in attesa di scoprire chi sarebbe stato il quarantottesimo Presidente degli Stati Uniti d’America. Da progressista e democratico, con il gramsciano ottimismo della volontà, mi auguravo la vittoria della Vicepresidente in carica, la dem Kamala Harris. Ma non è andata così: è avvenuto quel che paventavo, la vittoria del conservatore e populista Donald Trump.
Già in quel momento il pessimismo della ragione mi suggeriva che non si vince “contro” qualcosa o qualcuno. Riflettevo insieme a voi che le forze progressiste, storicamente, in momenti in cui prevalgono timori incontrollati, non vincono se non riescono a convincere i cittadini di avere una proposta, uno scenario concreto, un’idea forte di governo alternativo per il paese per la cui guida competono. Non basta proporsi “contro” le forze populiste e di destra, prospere e vincenti nei momenti in cui più prorompenti e subdole si fanno le paure collettive.
Insomma, ciò che noi Socialisti & Democratici siamo riusciti a fare per l’Unione Europea – costruire, con fatica, una maggioranza europeista, insieme ai colleghi parlamentari Popolari, Liberali e Verdi – non è riuscito agli amici dem statunitensi. E tuttavia, anche per quel che avviene al di qua dell’Oceano Atlantico, non posso che dirmi preoccupato, per gli scenari futuri (e futuribili: c’è pur sempre l’ottimismo gramsciano a sorreggermi).
L’Europa è a rischio declino: dobbiamo dircelo, senza mezzi termini. La maggioranza che la sostiene è fragile, mentre – tutto intorno a noi – si agitano venti che non possono che destare preoccupazioni. Assistiamo a drammi fino a poco tempo fa inimmaginabili: dai fronti di guerra, in Medioriente come in Ucraina, ad una situazione economica molto difficile, fino alla minaccia di dazi imposti dagli Stati Uniti. Un’ipotesi, quest’ultima, assai concreta, viste le intenzioni del Presidente Trump.
Scrivo dopo aver preso parte al voto per la Commissione Europea, un voto che ha visto il nascere del secondo governo di Ursula von der Leyen. Ho votato a favore, spinto più dal senso di responsabilità, che dalla convinzione. Nello scenario che descrivevo poc’anzi, ritengo che sia necessaria un’Europa forte e unita, volta a proseguire il suo percorso di unione federale. Un’Europa davvero protagonista. Ma, soprattutto, l’Europa aveva bisogno di un Governo: troppi mesi sono passati dall’apertura della nuova legislatura, non era possibile attendere oltre.
Tuttavia, il mio voto favorevole non nasconde ovviamente le difficoltà di una gestione ad opera di Ursula von der Leyen, che ha allargato troppo a destra. Mentre a luglio scorso i voti favorevoli erano 401, aprire a destra ha creato tantissime tensioni e ha ridotto la maggioranza: -31 voti favorevoli, nel voto del 27 novembre 2024. Un’operazione politica che ritengo rischiosa e controproducente.
Noi Socialisti & Democratici, nel dibattito pubblico che ha accompagnato il voto, abbiamo voluto porre l’accento sul perimetro delle forze europeiste. E la discussione si è protratta anche per una furbizia del Partito Popolare Europeo. Abbiamo ribadito con forza che vogliamo una maggioranza europeista, senza la quale non ci sarà transizione ecologica, non ci saranno fondi di investimento straordinari, come è stato il Next Generation Eu, e non ci saranno le politiche sociali che servono.
Siamo davanti ad un bivio: o l’Europa proseguirà un percorso di politiche economiche espansive, basate su debito pubblico comune, con un serio programma di investimenti pubblici – a supporto della doppia transizione così come dello sviluppo sostenibile di infrastrutture, trasporti, sistema sanitario – o saremo seriamente a rischio declino. Non possiamo aspettarci occupazione se l’Europa non cresce. E la crescita, come ha fatto notare Mario Draghi, con la sua proposta di un Piano straordinario di investimenti di 800 miliardi annui, è strettamente legata alla scelta di politiche economiche espansive. Un’Europa volta all’austerity sarà un’Europa declinante, in un contesto globale infuocato, dove la democrazia, ahinoi, non va più di moda.
Dobbiamo ricordarlo a noi stessi: l’Unione Europea è uno spazio di democrazia, di diritti, di pace. Sono questi i valori fondanti dell’Europa. È il momento di rivendicare la nostra identità comune e di spingere verso un futuro di progresso condiviso, nel nome della sostenibilità sociale e ambientale. Ora che la Commissione von der Leyen è stata eletta e finalmente inizia il suo lavoro, inizia anche per noi Socialisti & Democratici una nuova fase, quella nella quale vigilare affinché il perimetro europeista non venga scavalcato. Questo sarà il nostro compito, nei prossimi mesi: controllare, attentamente, affinché il programma europeista sul quale è stato trovato l’accordo venga portato a compimento.
Sarà una legislatura molto complicata, in particolar modo per il nostro gruppo S&D, ma l’Europa aveva bisogno di un governo, senza il quale non sarebbe stato possibile ambire ad avere quel ruolo decisivo nello scenario globale che le è consono. Abbiamo scelto la responsabilità. L’auspicio finale che mi e vi rivolgo è che Ursula von der Leyen rimanga saldamente nel solco europeista e che capisca che fuori da esso non c’è futuro. Solo declino per l’Europa.