La città

Dalle origini alle megalopoli e i primi dubbi sulla globalizzazione.

La complessità della città contemporanea è il risultato delle sue trasformazioni: dall’esigenza primordiale di cibo e rifugio e difesa dalle aggressioni esterne a forme di comunità frutto di molteplici fattori: aggregazioni e contrasti; migrazioni; mutamenti nei rapporti sociali a partire dalla famiglia; scontro tra eguaglianza, diversità e solidarietà; impatto fra quotidianità e innovazioni ambientali, tecnologiche, sociali ed economiche.

La città è un sistema articolato di evoluzione, capacità autopoietica, interdisciplinarietà. In essa nascono e si affermano commercio, scienza e cultura, soprattutto premesse di democrazia. La città è spazio in senso geografico e luogo in senso identitario e sociale («città delle anime», secondo Cicerone). Il primo senza il secondo si risolve soltanto in un agglomerato di costruzioni e presenze.

Le innovazioni sulla gestione delle risorse; le modalità della convivenza; l’organizzazione sociale del lavoro, la formazione culturale ed economica; le regole di convivenza testimoniano che la storia della città è un work in progress. Soluzioni alternative; vie di comunicazione; rifornimento del cibo e dell’energia; presenza di acqua. Eliminazione dei rifiuti; difesa e sicurezza all’interno; sviluppo e cultura del lavoro dall’artigianato all’industria e del commercio dal baratto all’ipermercato. Accanto ad essi realizzazione di condizioni di salubrità, salute collettiva e presìdi di sanità centrali e di prossimità; lo svago e il divertimento; governo; regole e condizioni di convivenza; pianificazione urbana sempre più complesse.

Le città sono un insieme di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; luoghi di scambio non soltanto di merci e servizi, ma anche di idee, di parole, di desideri, di ricordi.

Uno dei problemi più significativi della città è quello dell’equilibrio in una prospettiva dinamica tra parti antiche e recenti; tra esigenze produttive e ambientali; tra istanze tese al profitto o alla solidarietà. Memoria del passato e progetto del futuro.

La globalizzazione – col suo flusso di idee, parole e cose: il computer e il container; i sistemi di digitalizzazione e di intelligenza artificiale – rende vicino quel che è lontano, ma allo stesso tempo allontana coloro che sono vicini; sconvolge i vecchi modi del vivere insieme.

La pandemia ha avuto un drammatico impatto sulle città.

La città come formazione sociale secondo l’articolo 2 della Costituzione è una realtà in cui si dovrebbe sviluppare la personalità attraverso i diritti inviolabili, ma anche attraverso i doveri inderogabili della solidarietà politica, economica e sociale.

Saremo obbligati a ripensare lo stesso modello capitalistico con un volto umano e comunitario, nel rapporto tra psiche e techne, tra individuo e totalità; nel rapporto con gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione.

L’emergenza ci sta svegliando dal letargo in cui dimentichiamo i nostri limiti e le nostre responsabilità.

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Città e comunità oggi.

Oggi dilagano la corruzione, l’inquinamento, la privatizzazione degli spazi pubblici, la diminuzione del verde urbano, il peggioramento della qualità della vita. La cultura dell’individualismo è la prima responsabile di una crisi economica e ambientale negli effetti, ma etica e culturale nelle cause.

Oggi le mura della città diventano mura nella città: «ciò che è diverso mi sta accanto». Occorre restituire un’appartenenza ora disgregata, un senso in cui non l’individuo, ma il cittadino possa riconoscersi.

Superare la frattura tra centro e periferia, ma anche tra città e campagna, tra uomo e natura.

Si propone una nuova relazione tra spazio e tempo, rispetto al pendolarismo di una mobilità costosa e degradante.

«L’economia senza etica» è un furto di speranza. La solidarietà rischia di diventare complice, se interviene senza denunciare le cause politiche della povertà e del mancato rispetto dell’ambiente, i quali non sono mai una fatalità.

L’aumento della povertà avrà due conseguenze. La prima consiste nell’aumento delle diseguaglianze.

La seconda conseguenza sarà un importante arretramento: quando i problemi da affrontare sono la fame e la povertà estrema, tutta una serie di altre questioni (l’accesso alla salute e all’istruzione, le aspettative dei giovani o l’ambiente) ne risentono.

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La città dal baratto alla formazione sociale.

La città nasce dalla violenza e dalla discordia per proteggere gli uomini dalla paura e garantire la loro sicurezza; i miti di fondazione delle città, da quella di Caino nella Bibbia fino alla fondazione di Roma lo indicano chiaramente. Per questo le comunità antiche si dotavano di mura e protezioni nei confronti dell’esterno. Ma oggi spesso la paura sta dentro le città.

La città può proporre due punti di vista. In primo luogo la «città dei servizi», sede di scambi ed erogatrice di servizi riconducibili ai diritti di cittadinanza; ma corrono il rischio di essere concepiti solo come fonti di efficienza o di profitto e come meccanismi di corrispettività o di scambio. In secondo luogo la città come «istituzione burocratica», centro di potere e responsabilità, in dialogo e spesso in conflitto con altri centri di potere.

La Costituzione ci propone un terzo concetto di città come «formazione sociale», in cui si sviluppano le relazioni umane, la solidarietà, la partecipazione, i diritti e i doveri: la «città giusta».

La città svolge un ruolo fondamentale perché, come dice l’articolo 2 della Costituzione, nelle formazioni sociali si svolge la personalità dell’uomo e della donna. La città può essere considerata una formazione sociale per eccellenza. Non può essere intesa solo come una realtà di tipo commerciale o giuridico: la ripartizione dei poteri tra un centro e una serie di autonomie locali.

La città è prima di tutto un luogo in cui le persone si radunano, vivono, convivono, litigano, trovano la sicurezza, soddisfano i loro bisogni essenziali e sviluppano, come dice la Costituzione, la loro personalità. Essa è un contesto fondamentale per l’educazione ai valori costituzionali.

L’emergenza sanitaria è stata particolarmente drammatica, anche a causa della necessità di evitare i contatti per scongiurare il contagio in una formazione sociale nella quale è fondamentale il contatto umano.

Nelle formazioni sociali possono e devono convivere diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. L’articolo 2 della Costituzione afferma il principio personalistico ed apre la via al successivo articolo 3, in cui si afferma il principio solidaristico riconoscendo la pari dignità per tutti, con l’impegno per la Repubblica (cioè per tutti) a rimuovere gli ostacoli.

Dobbiamo puntare a una città in cui al centro vi sia la persona. Non una visione burocratica o soltanto di poteri e di competenze; o una visione soltanto commerciale come luogo di scambio; o una visione esclusivamente di evoluzione tecnologica: una smart city con una digitalizzazione esasperata al massimo livello.

Siamo di fronte a un numero sempre crescente di abitanti e a una serie di «rigenerazioni» ed evoluzioni. Abitazioni non più con l’obiettivo di una «cultura del proprio mattone per ciascuno»; ma di rispondere alle effettive e diverse esigenze di abitazione di giovani, anziani, famiglie e comunità.

Non si deve proseguire in una «cementificazione» del suolo in orizzontale o in verticale per ragioni soprattutto economiche ma lavorare per una riqualificazione delle zone degradate con

interventi di miglioramento sociale, ambientale, culturale; con il coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati interessati, secondo le linee di diverse iniziative legislative, per ora rimaste sulla carta; evitando un ulteriore degrado del nostro dissestato e fragile territorio.

Le prospettive di “rigenerazione” hanno grandi potenzialità per far rifiorire i centri urbani, ma rischiano al contempo di danneggiarne l’anima, lasciando prevalere l’interesse economico sulla loro funzione sociale. Un obiettivo per gli sviluppi futuri della città: essa dovrebbe diventare pienamente un «bene comune» in cui a tutti sia garantita la stessa dignità.

Da ciò la necessità di una «legge per la città» che tenga conto della sua realtà, della sua complessità, del suo rapporto con la persona; che aiuti a realizzare una città a misura d’uomo, anziché un uomo a misura di città. Da ciò la ragione per la quale sia necessario ascoltare anche “la voce della città” nel dibattito in corso sull’“autonomia differenziata” regionale politica.

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Ri-prendersi cura della città: le iniziative dei cittadini per rendere efficace la cura dei beni comuni.

A differenza del secondo dopoguerra, in cui prevalse l’obiettivo della ricostruzione, oggi non abbiamo molti orizzonti a cui guardare per un futuro migliore; ma soprattutto abbiamo delle paure.

Recuperare produttività e riprendere a crescere sono obiettivi importanti, fondamentali; ma non sufficienti per dare speranza.

Sviluppare iniziative concrete che aiutino a garantire la tenuta del Paese rafforzando i legami di comunità, la coesione sociale, il senso di appartenenza e liberando le tante energie nascoste nella nostra società: esperienze non solo per le persone, bensì anche per i beni pubblici delle nostre città.

Il ponte Morandi crollato a Genova è un emblema della condizione in cui versano la rete autostradale e quella stradale. Molti beni culturali sono oramai abbandonati; diversi edifici scolastici sono pericolanti; le carceri sono vecchie e sovraffollate.

Il paesaggio continua costantemente a essere cementificato; in molte città non si sa più dove e come smaltire i rifiuti; gran parte del territorio è ad alto rischio idrogeologico. Ci sono località del Paese dove l’inquinamento ha effetti dannosi per la salute e spesso letali sugli abitanti, sui lavoratori e sui posti di lavoro.

Il rimedio, ancora una volta, lo si può rinvenire solo ponendo la persona al centro.

«Cittadini si diventa vivendo in una comunità»; «cittadini attivi si diventa lavorando per la comunità».

Affinché le attività di cura condivisa dei beni pubblici possano realmente incidere per la ripresa

e la tenuta del Paese, sono state indicate tre condizioni.

  1. In primo luogo occorrono strumenti di tipo tecnico-giuridico per consentire ai cittadini di attivarsi all’interno di un quadro di regole semplici e chiare: che abbiano una solida legittimazione costituzionale; che definiscano con precisione le responsabilità rispettive dei cittadini e delle amministrazioni nella cura dei beni pubblici, gli obiettivi, gli strumenti, i controlli, le coperture assicurative, eccetera.

Cfr. l’articolo 118, ultimo comma della Costituzione, secondo cui: «Stato, Regioni, città metropolitane, province e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà» (non solo Regioni).

  • In secondo luogo è necessario il passaggio dei beni dalla categoria dei beni pubblici a quella dei beni comuni.
  • Infine, in terzo luogo occorre far diventare collettiva, conosciuta e condivisa l’attività di cura dei beni comuni.

La costruzione della «società della gioia» nell’articolo 2 della Costituzione, impegna tutti all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, quale premessa per l’attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale (art. 118, ultimo comma).

Una «città giusta» dovrebbe saper guardare anche alla «forma sociale», non solo a quella architettonica ed estetica. Dovrebbe ad esempio – come dimostrano le esperienze dell’housing sociale – valorizzare adeguatamente le iniziative e le risorse del terzo settore per migliorare la qualità della vita urbana.

Dovrebbe offrire non solo possibilità e spazio per abitare, ma altresì servizi e strumenti per la convivenza.

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Che fare per la città di domani?

Si parla molto oggi di rigenerazione urbana per far rivivere la città. Nel nostro Paese ci sono le cosiddette «città storiche»: una dimensione particolare di aggregazione che è importante conservare; perché non offrano soltanto dei colpi d’occhio per il turismo «mordi e fuggi».

La città si conserva non musealizzandola e trasformandola in enclave, dove i ricchi circondati dal filo spinato si difendono dai poveri che cercano di aggredire le loro oasi di benessere.

La città è di tutti e tutti hanno un diritto alla città. Ciò implica la necessità di tener presente la molteplicità dei suoi aspetti: problemi di violenza, di giustizia, di cultura e di mobilità, di

alimentazione, di eliminazione dei rifiuti, di equilibrio ambientale e si potrebbe continuare.

Il problema per la città del futuro è una nuova cultura. La città è oggetto di analisi approfondite ma forse troppo settoriali. In queste analisi troppo spesso rischiano di infiltrarsi interessi economici, professionali, unilaterali, di potere.

Il tema del paesaggio e dell’ambiente – di fronte alle nuove dimensioni della città, ai cambiamenti climatici, ai fenomeni demografici e migratori, alle nuove risorse scientifiche e tecniche a disposizione e alle loro suggestioni – non può più limitarsi a evocare soltanto superficialmente l’articolo 9 della Costituzione. È essenziale, ma non è sufficiente il trittico proposto da quell’articolo fra la cultura, la ricerca scientifica e tecnica e il paesaggio e il patrimonio storico e artistico.

La riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione – biodiversità e interesse delle generazioni future – apre la via a “sviluppo sostenibile” come principio fondamentale in cui “l’iniziativa economica privata è libera” ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danni alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”. Non solo tutela del passato (patrimonio storico-artistico) e del presente (paesaggio), ma progetto e salvaguardia del futuro (ambiente; biodiversità anche umana; ecosistema; interesse delle generazioni future).

Questa riflessione sulla città e sul suo futuro è utile per una valutazione dei suoi profili rispetto alle prospettive di riforma costituzionale avviate per un nuovo assetto del c.d. federalismo competitivo e non solidale dell’“autonomia differenziata” in termini di coerenza con i principi costituzionali.

*Intervento per il Festival delle Città, “Un sì all’Italia unita e giusta. Contro l’autonomia differenziata”, Roma, 2 ottobre 2024