L’evoluzione giurisprudenziale sul diritto agli oneri previdenziali per gli amministratori locali liberi professionisti che continuano la propria attività in costanza di mandato

Premesse – Il recentissimo Atto di orientamento assunto dall’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali in materia di versamento, da parte dell’amministrazione locale, degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi, in quota forfettaria, a favore degli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 del medesimo articolo 86 TUEL, nella specie “liberi professionisti”, ci offre occasione per ricostruire i diversi arresti giurisprudenziali quanto all’ambito di applicazione dell’art. 82, comma 2, TUEL al fine di trarne le dovute conclusioni.
**
L’originario contrasto tra giurisprudenza civile e contabile in ordine all’applicazione dell’art. 86, comma 2, TUEL- La formulazione vigente dell’art. 86, comma 2), TUEL ha generato non pochi dubbi interpretativi. La norma, infatti, dispone che “agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l’amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. […]”. In particolare i dubbi sorgono in relazione a quanto disposto dal precedente comma 1) il quale riconosce il diritto del lavoratore dipendente che ha assunto la carica di amministratore comunale e che sia andato in aspettativa non retribuita a vedersi versare da parte dell’ente il pagamento dei contributi previdenziali in luogo del datore di lavoro. Ci si è chiesti, dunque, se l’amministratore che non sia un lavoratore dipendente possa accedere al beneficio pur non sospendendo la propria attività lavorativa. Sul punto si sono originariamente registrati due diversi orientamenti, l’uno della magistratura contabile (ex pluribus, Corte conti, Sez. reg. controllo per la Liguria, delib. n. 21/2019/PAR), l’altro della Corte di Cassazione (da ultimo, Ordinanza n. 24615/2023). Secondo l’orientamento più restrittivo della giurisprudenza contabile, l’art. 86, comma 2, TUEL troverebbe applicazione solo quando il lavoratore autonomo, che ricopre una delle cariche previste dal primo comma dell’art. 86 in un ente avente la popolazione ivi prevista si astenga del tutto dall’attività lavorativa (circostanza che il lavoratore autonomo ha l’onere di comprovare in costanza di espletamento del mandato amministrativo). Al contrario, secondo il diverso orientamento della Corte di Cassazione per i liberi professionisti impegnati in funzioni pubbliche elettive, la tutela al mantenimento del posto di lavoro – da intendersi estensivamente come mantenimento dell’attività lavorativa – diviene effettiva solo se agli stessi, da un lato, è consentita la prosecuzione degli incarichi professionali e, dall’altro, è attribuito il beneficio previdenziale in discussione, a compensazione della ridotta capacità di contribuzione. Tale conclusione tende a tutelare il diritto costituzionalmente rilevante alla tutela del posto di lavoro, inteso anche tutela della propria professione lavorativa, dato che la previsione del beneficio dell’accollo contributivo, senza rinuncia allo svolgimento dell’attività professionale, considera la situazione del lavoratore autonomo e ne tutela le peculiarità; per quest’ultimo, la sospensione integrale dell’attività lavorativa avrebbe riflessi fortemente negativi per il futuro, rendendo oltremodo difficoltosa la ripresa. D’altro canto, lo svolgimento di un mandato, particolarmente impegnativo, come è quello connesso agli incarichi di cui al primo comma dell’art. 86, inevitabilmente interferisce sull’attività di lavoro, con ripercussioni prevedibili sul reddito e quindi sulla capacità contributiva del professionista. Gli ermellini, dunque, giungono a sostenere che detto versamento non sarebbe condizionato al presupposto dell’astensione lavorativa sulla base del principio costituzionale di cui all’art. 51 Cost. da estendere alla conservazione del “posto di lavoro”.
**
La soluzione propugnata dall’Osservatorio finanza e contabilità del Ministero degli Interni- La soluzione interpretativa prospettata dal Ministero degli Interni- Nell’Atto di orientamento in commento il Ministero degli Interni giunge ad avvalorare la tesi propugnata dalla giurisprudenza civile. In particolare, afferma l’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali , quanto al presupposto per il versamento, a carico dell’ente, della quota forfettaria contributiva spettante ai liberi professionisti, su loro richiesta, impegnati in funzioni pubbliche elettive di cui all’art. 86, comma 2, TUEL, l’orientamento applicativo da seguire nell’applicazione della norma è quello indicato dalla recente giurisprudenza della Corte suprema di Cassazione, secondo cui non si configura come necessaria la rinuncia, da parte di detti liberi professionisti, allo svolgimento della propria attività professionale. La motivazione di tale soluzione ermeneutica risiede nel potere nomofilattico della Cassazione cui fa riferimento la giurisprudenza di merito del giudice del lavoro.
**
I recentissimi arresti della magistratura contabile a suffragio della tesi avvalorata dal Ministero degli Interni- Ma non solo recentemente anche la giurisprudenza contabile (Corte dei Conti Marche Sentenza n. 2/2024) è giunta ad aderire alle tesi sostenute dalla giurisprudenza civile. In particolare richiamando la Corte di Cassazione (sub specie la già citata Ordinanza n.24615/2023 ) i giudici contabili hanno preliminarmente evidenziato che la condizione di “aspettativa non retribuita” non può che riguardare i soli lavoratori dipendenti, ragion per cui l’art. 86, comma 2, del TUEL., nella parte in cui dispone i versamenti contributivi “allo stesso titolo” per gli amministratori locali che “non siano lavoratori dipendenti”, non può intendersi come volto a stabilire, anche per i lavoratori autonomi, la condizione di cui al 1) comma (cioè l’aspettativa non retribuita), semplicemente perché tale condizione non è concepibile per i lavoratori che non siano dipendenti. Pertanto, il rinvio contenuto nell’inciso del comma 2 dell’art. 86 non può che riguardare la medesima «causale» prevista per i lavoratori subordinati e, dunque, ha ad oggetto gli “oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi”, dovuti alle Casse previdenziali di appartenenza dei liberi professionisti. Inoltre, si ribadisce che la Corte di Cassazione ha sottolineato che, per i lavoratori autonomi impegnati in funzioni pubbliche elettive, la tutela inerente alla conservazione del posto di lavoro– da intendersi estensivamente come mantenimento dell’attività lavorativa- diventa effettiva soltanto se agli stessi, da un lato, venga consentita la prosecuzione delle attività professionali e, da un altro lato, venga attribuito il beneficio previdenziale in esame, a compensazione della ridotta capacità di contribuzione. Abbiamo già citato, infatti, che, secondo la Cassazione, l’espletamento di un mandato particolarmente impegnativo, come quello correlato agli incarichi politici di cui al primo comma dell’art. 86, inevitabilmente incide sul proficuo esercizio dell’attività lavorativa, con prevedibili ripercussioni negative sul reddito percepito e, dunque, sulla capacità contributiva del libero professionista. Alla luce di siffatte argomentazioni i giudici contabili sono giunti ad affermare che il libero professionista che assume un incarico elettivo non è tenuto a sospendere la propria attività lavorativa autonoma. Del resto, sviluppando il filone interpretativo a cui si aderisce, si aggiunga che la previsione di una contribuzione “forfettaria” si pone appunto la finalità di garantire i diritti contributivi all’amministratore libero professionista il quale, logicamente, registra una restrizione della propria attività professionale – senza, tuttavia, sospenderla totalmente- per effetto del tempo dedicato all’espletamento del mandato amministrativo. Inoltre ritenere che l’amministratore libero professionista per accedere al diritto al versamento dei contributi forfettaria debba, al pari dell’amministratore dipendente, sospendere la propria attività lavorativa darebbe luogo ad un’ulteriore e grave disparità. Infatti è indubbio che l’amministratore lavoratore subordinato optando per l’aspettativa matura il diritto a vedersi versare i contributi integrali da parte dell’Ente amministrato in luogo del datore di lavoro e, soprattutto, gli è riconosciuto il diritto alla conservazione del posto di lavoro. Diversamente l’amministratore libero professionista se per accedere allo stesso regime fosse costretto a sospendere integralmente la propria professione si vedrebbe irrimediabilmente compromesso il proprio diritto alla conservazione del lavoro.

A cura di Avv. Andrea Pensi- Direttore Ufficio Legale ALI Autonomie Locali Italiane