Comunali. la Vice Presidente nazionale di Ali Stefania Bonaldi spiega perché nella proposta di legge del Governo c’è la volontà di colpire la democrazia (e una legge che funziona da 30 anni)
“Ricuciamo l’Italia” non è stato solo il felicissimo titolo del nostro Congresso Nazionale di Pisa, “Ricuciamo l’Italia” è oggi più che mai una drammatica necessità, poiché l’intenzione e le azioni di chi ci governa sembrano sovente perseguire il disegno di farla a brandelli, di trasformala in un arcipelago con quasi sessanta milioni di isole, rendendole fragili e destinate a soccombere, perché nulla può sopravvivere all’isolamento, esistenziale e materiale.
Un abito mentale che troviamo riproposto per intero anche in alcuni tentativi di riforma.
Penso al Disegno di Legge Calderoli sulla “autonomia differenziata” sul quale ALI Nazionale, da subito ha dato battaglia, non certo per ragioni ideologiche ma, perché questa proposta semplicemente ignora la presenza della Costituzione e tutti i principi che contiene.
Rendendo i divari fra le regioni più ricche e quelle più povere ancora più marcati, esautorando il Parlamento e disconoscendo quelle Autonomie locali, che per don Luigi Sturzo erano “comunità naturali”, minimamente coinvolte su questa partita, che a una centralità statale ne sostituisce una regionale con una manovra “da remoto”, senza ascoltare e considerare i “sensori” che stanno in periferia.
Una logica che trasloca anche nell’idea di riformare l’unica legge elettorale che funziona, quella dei Comuni, eliminando il ballottaggio negli enti con più di 15mila abitanti, se uno dei candidati raggiunge al primo turno il 40% dei voti, e impedendo il voto disgiunto.
Una proposta di legge già depositata in Parlamento e che, dopo le elezioni amministrative ed il ballottaggio di Udine, che al secondo turno ha registrato la rimonta e la vittoria del candidato sindaco del Centrosinistra, diversi esponenti della maggioranza al Governo hanno immediatamente riproposto anche nel dibattito pubblico e rilanciato: dal Deputato On. Alessandro Cattaneo, coordinatore nazionale di Forza Italia, allo stesso Ministro Roberto Calderoli.
Un ragionamento piuttosto inquietante, a pensarci bene: la legge elettorale vigente andrebbe corretta perché, secondo questi esponenti, se uno al primo turno prende più voti di tutti, al secondo dovrebbe vincere; se questo non succede, c’è un errore nelle regole.
Non si considera che gli elettori, davanti a una scelta secca tra due candidati, tendono a decidere saltando di netto i compromessi del primo turno, quando possono prevalere anche scelte di prossimità, di amicizia, di parentado, che si disperdono in mille rivoli. Il ballottaggio è un duello chiaro e semplice, sgombro da interferenze piccole e grandi, uno contro uno, una proposta contro l’altra, una persona contro l’altra. Vince chi è più convincente.
Finora pare abbia funzionato, altrimenti lo stesso Cattaneo non sarebbe stato sindaco di Pavia.
Le norme che conducono alla elezione dei sindaci sono la approssimazione migliore della democrazia, lo riconoscono tutti, da trent’anni a questa parte.
Per questo il “titolo” a mio avviso più adeguato per indicare questa proposta di legge è “Lo Stato contro i sindaci”, colpevoli di saper attrarre, sulla fiducia nelle loro persone, una platea di elettori ampia, quasi sempre oltre il perimetro dato dal consenso delle forze politiche che li sostengono. Evidentemente pericolosi, perché spezzano il gioco delle parti e delle filiere di potere, dunque si colpisce un istituto che punta ad avvicinare lo Stato ai cittadini e questi alla politica, ingigantendo il ruolo del potere e limitando quello delle persone, soggetti immaginati come interferenti, fastidiosi.
In fin dei conti, si colpisce la democrazia.
*di Stefania Bonaldi, Vice Presidente nazionale di Ali