
Con un recente arresto Corte dei Conti Sezione giurisdizionale per la Regione Campania (Sentenza n. 42/2025) è tornata ad affrontare la questione del danno erariale dalla mancata riscossione dei canoni di concessione ed, in particolare, di come si atteggia la prescrizione dell’azione erariale in tali fattispecie.
Il problema è sicuramente attuale e rilevante vista l’entità del patrimonio comunale oggetto di specifiche convenzioni di concessione.
Il primo motivo di interesse è dato dalla distinzione che il giudice contabile fa delle obbligazioni che trovano origine in un rapporto concessorio ed, in particolare, nell’obbligazione principale posta a carico del concessionario e, cioè, il pagamento del canone di concessione.
In particolare osserva la Corte campana che il dover pagare trimestralmente al Comune un acconto mensile, a valere sui consumi elettrici, idrici e di combustibile costituisce un credito, essendone previsto il soddisfacimento con periodicità infrannuale, assoggettato alla prescrizione quinquennale ex articolo 2948, n. 4, del codice civile.
Diversamente per quanto riguarda il diritto a percepire i conguagli spettanti al Comune per le singole annualità deve ritenersi applicabile il termine di prescrizione decennale (Cassazione, n. 30546/2017), dal momento che ciascun conguaglio può essere calcolato soltanto alla conclusione dell’annualità stessa.
Proprio tale preventiva rendicontazione rende inoperante il termine di prescrizione breve, di cui al già richiamato n. 4 dell’articolo 2948 del codice civile.
La distinzione del momento in cui interviene la prescrizione dei diritti di credito dell’ente e preordinata a ribadire un concetto pacifico nella giurisprudenza contabile ovvero che il termine di prescrizione dell’azione erariale inizia a decorrere dalla effettiva prescrizione del diritto di credito in favore dell’ente (sul punto si cita ex pluribus la stessa Corte dei Conti Sez. Giursid. Campania Sentenza n. 486/2023).
Sotto il profilo soggettivo dell’imputazione del danno i giudici contabili confermano l’orientamento consolidato che spetta al Dirigente comunale preposto, non solo alla stipula ma anche alla gestione del contratto di concessione, il potere/dovere di tutelare con gli strumenti previsti dall’ordinamento i diritti di credito dell’ente.
Di estremo interesse è, poi, è inoltre la tesi della corte campana tale per cui in queste circostanze non può configurarsi una responsabilità ripartita tra più uffici in capo all’ente.
In particolare si afferma il principio tale per cui è il singolo ufficio a cui è demandata l’attuazione del contratto ad avere contezza di quali siano le obbligazioni attive e passive scaturenti dai contratti o dai provvedimenti specificamente ad esso affidati.
Mentre l’ufficio finanziario effettua i versamenti e riceve i pagamenti per conto del Comune, nel suo insieme: avendo perciò contezza, innanzitutto, delle somme globali così gestite; e potendo espletare una specifica verifica soltanto su impulso dell’ufficio competente nel merito.
L’arresto è interessante perché in situazioni analoghe, seppure isolate, i giudici contabili sono stati propensi a dare risalto alla gestione di fatto (Corte dei Conti Sez. Giurisdizionale dell’Umbria Sentenza n. 54/2024) di un determinato rapporto tanto da prescindere dall’effettiva attribuzione di competenze all’interno dell’ente.
Tale ultimo non condivisibile orientamento ha certamente il limite di ritenere responsabili soggetti che, in fatto ed in diritto, risultano sprovvisti dei poteri inerenti alla gestione del contratto tanto da porsi in aperto contrasto ai principi di diritto come, ad esempio, quello affermato dall’art. 169, comma 1, Tuel che dispone: “Il PEG è riferito ai medesimi esercizi considerati nel bilancio, individua gli obiettivi della gestione ed affida gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi”.
E per tale ragione i principi diversamente affermati nella sentenza in esame appaio conformi al diritto vigente.
A cura di Avv. Andrea Pensi – Direttore Ufficio Giuridico di Ali