
1. Il DDL Montagna prevede 200 milioni di euro all’anno per lo sviluppo delle aree montane, ma molti enti locali li ritengono insufficienti. Quali investimenti aggiuntivi sarebbero necessari per un reale rilancio di questi territori?
Il DDL Montagna, pur affrontando alcuni temi strategici, rischia di rimanere una legge manifesto, senza un reale impatto sulla riorganizzazione dei servizi essenziali e, più che una legge sulla montagna, si presenta come una descrizione incompiuta delle sue criticità.
Le audizioni in Commissione Bilancio hanno evidenziato che i 200 milioni annui previsti sono assolutamente insufficienti, rispetto alle necessità segnalate da più parti, che richiedono di ampliare la dotazione del fondo fino ad almeno 1 miliardo. Senza un adeguato stanziamento di risorse, infatti, le aree montane resteranno marginalizzate, prive di quei servizi e investimenti essenziali necessari per contrastare spopolamento e isolamento.
2. La classificazione dei Comuni montani si basa solo su altitudine e pendenza, escludendo altri fattori socioeconomici. Crede che questo criterio sia adeguato o andrebbe rivisto per includere più territori?
E’ evidente che, dal punto di vista socio-economico, le realtà montane pongano questioni complesse nonostante la loro dimensione. Per tale motivo, fare riferimento a parametri prettamente “fisici” per articolare una classificazione potrebbe, oggi, risultare un approccio semplicistico. Occorre senza dubbio integrare ulteriori indicatori, come ad esempio il tasso di spopolamento o coefficienti relativi ai servizi pubblici, che oltre a una più puntuale classificazione consentano di comprendere più in profondità le dinamiche territoriali e orientino lo sviluppo di politiche “sartoriali”.