
Intervista a Marco Bussone, Presidente UNCEM
- UNCEM sottolinea l’importanza della riorganizzazione istituzionale per i Comuni montani. Quali sono le principali criticità attuali e quali soluzioni propone per rafforzare la governance locale?
Da sempre Uncem insiste su un punto. Comuni grandi e piccoli devono lavorare insieme, puntando sul molto che unisce e non sul poco che divide. Comuni insieme vuol dire che le Regioni definiscono “ambiti territoriali omogenei” per legge, e dentro si costituiscono delle Comunità montane o delle Unioni montane di Comuni. Queste due configurazioni istituzionali, stabili e certe nel tempo, fanno tre cose: sono prima di tutto agenzia per lo sviluppo sociale ed economico del territorio ai sensi dell’articolo 44 della Costituzione, usando fondi UE, nazionali, regionali; gestiscono le funzioni dei Comuni in forma associata, proprio per fare progetti ma anche per migliorare i servizi a cittadini, dentro gli Enti, per le imprese; si occupano di protezione dei versanti, sistema idrogeologico e delle risorse naturali. In Italia ci sono già 400 tra Unioni montane e Comunità montane. Le Regioni devono rafforzarle, anche agevolando relazioni con grandi Comuni. Lavorare insieme, fare piani regolatori insieme, condividere uffici e professionalità, usare bene i fondi per la digitalizzazione, rende più solidi gli Enti locali e dunque l’organizzazione dei territori alpini e appenninici.
- Come vede il DDL Montagna proposto dal governo, quali sono le criticità principali?
Abbiamo fatto al Senato come alla Camera diverse proposte. Per evitare che la riclassificazione dei Comuni montani tenda ad escludere piuttosto che a unire, a creare legami. Manca nel DDL una parte sull’organizzazione istituzionale dei Comuni, demandata al TUEL. Dobbiamo inoltre insistere sulla valorizzazione dei servizi ecosistemici-ambientali, come acqua e legno. Dalle gare per l’idroelettrico, devono arrivare risorse ai territori che sono bacino di quell’acqua e della forza di gravità, per approntare servizi e intervenire su riduzione del carico fiscale per cittadini, imprese, Enti locali.
- UNCEM propone un incremento del Fondo nazionale per la montagna. Quali sono le priorità di investimento e perché i fondi attualmente stanziati non sono sufficienti?
Non basta dire “vogliamo 1 miliardo di euro l’anno” di fondo montagna. Oggi abbiamo 200 milioni che vanno spesi bene. Una parte, secondo il DDL, li terranno i Ministeri ad esempio per incentivare medici e docenti che lavorano nelle zone montane. Aumentare la spesa pubblica è un pezzo di un ragionamento più ampio. Che tocca carico fiscale sulle imprese, da ridurre, con le opportune coperture, ma anche le Regioni. Solo cinque hanno un fondo regionale per la montagna. Se tutte lo istituissero, quei 200 milioni di fondo nazionale verrebbero raddoppiati grazie appunto agli impegni delle regioni. E poi vanno coinvolte le imprese dello Stato, cambiando algoritmi e inserendo la “specificità montana” negli accordi di programma e nei piani di lavoro delle grandi imprese dello Stato. Affinché RFI, Trenitalia, Anas ad esempio, investano di più e meglio per infrastrutture, nuove ed esistenti, nelle zone montane.
- Quali sono le sfide più urgenti per garantire servizi adeguati nei Comuni montani? Ritiene sufficienti gli incentivi proposti per attrarre medici e personale sanitario?
Prima di tutto superare il divario digitale. Con infrastrutture nuove, moderne, su linee fisse e linee mobili. I servizi viaggiano su fibra ottica, onde e sistemi wireless, e anche satelliti. Un mix intelligente per il quale rischiano di non bastare i miliardi previsti dal PNRR. Sul 5G, il piano prevede 1200 nuove torri che purtroppo si fermano nei fondovalle.
Per medici e personale servono incentivi e configurazioni per evitare la loro solitudine e di inseguire pazienti. Alcune reti già esistono e altre vanno incentivate, aumentando le specializzazioni per la medicina generale, premiando chi apre studi nei Comuni montani. Molti Enti mettono già a disposizione gratuitamente le sedi.
- Per UNCEM qual è l’approccio da seguire per cercare di supportare i comuni montani?
Va bene il focus nazionale delle sfide dei territori montani. Ma non basta. Occorre ragionarne in sede europea. Con Spagna, Francia e tutti i sette Paesi delle Alpi che spingono Bruxelles, Parlamento e Commissioni, a dotarsi di una Agenda Montagna ai sensi dell’articolo 174 del Trattato di Lisbona, secondo la Risoluzione già varata a Strasburgo nel 2018. Lavoriamoci intensamente con il sistema degli Enti e delle Autonomie italiano.