Ddl Montagna vicino all’ok definitivo: misure e criticità di una riforma attesa

Il Disegno di Legge “Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane” si avvia verso l’approvazione definitiva alla Camera. Rappresenta una revisione della normativa del 1994, che aveva l’obiettivo, in linea con l’articolo 119 della Costituzione, di ridurre le disuguaglianze derivanti dalle condizioni di svantaggio economico e sociale delle aree montane, che contano 3.524 Comuni totalmente montani e 652 Comuni parzialmente montani.

In particolare, il testo prevede di stabilire tramite un DPCM i criteri per la classificazione dei Comuni montani e, attraverso le risorse già disponibili e il Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane (articolo 4), – all’interno del quadro ideato con la Strategia nazionale per la montagna italiana (SMI) – finanziare interventi per lo sviluppo socio-economico delle aree montane, riconosciuto come «obiettivo di interesse nazionale».

Tuttavia, il DDL presenta diverse lacune normative, a partire dai criteri per l’identificazione delle zone montane poco esaustivi, e risorse – come evidenziato dall’UNCEM, che ne chiedeva un miliardo – ampiamente insufficienti, fermandosi a 200 milioni annui.

I criteri scelti per la classificazione delle aree di montagna sono solo due: il parametro altimetrico e la pendenza, senza affiancargliene altri di livello geomorfologico e socioeconomico. Questa distinzione penalizza i Comuni non classificati come montani, che presentano le stesse caratteristiche morfologiche e demografiche di quelli montani rischiando inoltre di diminuire il numero di aree riconosciute rispetto ad oggi.

Vediamo quindi nel dettaglio le principali iniziative programmate dal DDL.

L’articolo 13 stabilisce misure per prevenire e mitigare gli effetti del cambiamento climatico e garantire la disponibilità di risorse idriche nelle zone montane, assegnate alle regioni in base alle loro priorità. In questo contesto Uncem richiede di introdurre il regime IVA agevolata del 10% per le opere connesse alla manutenzione e alla lotta al dissesto idrogeologico.

Tra gli interventi più significativi sono presenti quelli per il personale sanitario, che beneficerà di un credito d’imposta del 60% sul canone di locazione o sul mutuo per l’acquisto di un immobile da destinare ad abitazione principale nelle aree montane, con un massimo di 2.500 euro. Nei comuni con minoranze linguistiche storiche le agevolazioni saranno maggiori. Inoltre, il personale sanitario nelle aree montane potrà usufruire di un emolumento speciale, con un tetto di 20 milioni di euro annui.

Circa il settore scolastico, gli insegnanti delle scuole montane otterranno punteggi aggiuntivi nelle graduatorie provinciali di supplenza e beneficeranno di bonus per affitto e mutuo. Viene anche estesa la deroga al numero minimo di alunni per classe nella scuola secondaria.

Per il settore agricolo, gli imprenditori che effettuano investimenti in favore della transizione ecologica beneficeranno di un credito d’imposta del 10%, con un limite di 4 milioni di euro annui, per gli investimenti dal 2025 al 2027.

Il provvedimento introduce un credito d’imposta per le piccole e microimprese nei comuni montani e sgravi contributivi dal 2026 al 2030 per i datori di lavoro che impiegano lavoratori in Smart working nei comuni montani con popolazione sotto i 5.000 abitanti.

In conclusione, il provvedimento, benché fosse necessario un quadro normativo sul tema dei territori montani, presenta lacune normative, in particolare per quanto riguarda i criteri di classificazione dei comuni e l’assenza di una regolamentazione chiara sugli assetti ordinamentali, che interessano l’organizzazione degli Enti locali. Inoltre, le risorse stanziate appaiono insufficienti a garantire la sostenibilità dei progetti destinati ai circa 3.524 comuni interessati.

*Di Raffaele Borda, autore, ed Emanuele Bobbio, Direttore Ufficio Studi e Analisi ALI