In questo nostro ultimo appuntamento per il 2024, nei giorni tradizionalmente dedicati alla riflessione sulla pace e sulla fratellanza, mentre Roma s’appresta a rinnovare il suo naturale ruolo di Capitale della fede, della speranza e della carità, con l’inizio dell’Anno Giubilare – e profitto per ringraziare l’amico Roberto Gualtieri, sindaco di Roma nonché presidente di Ali, per l’enorme impegno profuso per portare la città ad accogliere eventi di tale caratura e l’afflusso dei pellegrini provenienti da tutto il mondo – non posso esimermi dallo spendere, io pure, alcune parole proprio sul tema della pace, nel contesto europeo e globale.
Serve un pacifismo pragmatico. Questo, in sostanza, il fulcro del mio pensiero sul tema. E credo fortemente che l’Europa debba tornare ad essere un soggetto di pace – come è nella sua natura, fin dalla fondazione dell’Unione Europea – a fronte dei disastrosi conflitti che continuano ad insanguinare territori a noi prossimi e fratelli: penso all’Ucraina, penso al Medioriente.
Per troppo tempo, qui in Italia, abbiamo assistito ad un dibattito surreale, riassumibile in un’equazione assurda: si crede che chi sostiene l’Ucraina sia un guerrafondaio, un sostenitore della guerra; nel contempo, si crede che chi invoca la pace sia un putiniano, un sostenitore dell’aggressione ad opera della Russia del territorio ucraino. È quantomai urgente e doveroso uscire da questo insensato dibattito.
Sono passati quasi tre anni dall’inizio della guerra, una guerra che in Ucraina ha comportato migliaia di vittime militari e civili: è troppo, è ora che l’Europa intervenga, recuperando il suo ruolo di pace. Perché Europa significa pace. Europa è pace. L’Unione Europea è nata per porre fine a guerre secolari, per garantire pace e benessere condiviso a Paesi che per troppo tempo si sono scontrati sui campi di battaglia. Ecco perché va ribadito con forza che il ruolo nel mondo dell’Europa non può che essere quello di paciere, con un’attenta opera diplomatica, affinché i tanti conflitti in atto, a partire dalla dolorosa vicenda ucraina, abbiano termine al più presto.
Credo, inoltre, che l’Italia abbia fatto bene a sostenere anche militarmente l’Ucraina, perché senza un aiuto concreto, non ci sarebbe stata la possibilità di resistere, per il popolo ucraino, dinanzi all’invasione delle forze armate di Vladimir Putin.
Chi, come noi italiani, conosce bene i valori della Resistenza, fondamento della nostra stessa amata Repubblica, sa che – dinanzi ad un invasore – si sta dalla parte del popolo che resiste. In questo caso, il popolo che resiste è quello ucraino, che sta resistendo non solo all’invasione del proprio territorio, ma anche a difesa dei valori della democrazia e dell’Europa stessa.
È evidente però che il conflitto è impossibile che abbia un vincitore, è una guerra che non può vincere nessuno. Non la può vincere Putin, perché vorrebbe dire che viene sconfitto l’Occidente, dopo il sostegno all’Ucraina. Sicché si tratta di uno scenario impensabile, se non ipotizzando l’inizio di una Terza Guerra Mondiale. Nel contempo, non è possibile che vinca l’Ucraina, perché – pur stando noi nettamente dalla parte dell’Ucraina, è irrealistico che l’Ucraina possa vincere sul campo la guerra: la resistenza che è stata fatta finora è stata eroica, ma è difficile andare oltre.
Proprio nonostante l’eroicità della resistenza portata avanti dai nostri fratelli ucraini, lo stesso Presidente Zelensky, nei giorni scorsi, ha ammesso che regioni come il Donbass e la Crimea difficilmente potranno essere riconquistate. Sicché è presumibile che ci possa essere un congelamento del conflitto.
Stante questa situazione di impasse, penso che l’Europa debba anticipare le mosse del neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dando inizio ad un’azione diplomatica volta alla pace giusta. Trump, a mio parere, non ha interesse a portare la pace, ha meramente interesse a stoppare, senza se e senza ma, il conflitto. Non ha interesse a quali potrebbero essere le ripercussioni sull’Unione Europea di uno stop al conflitto condotto in maniera affrettata.
Ma, dopo avere subito la guerra, l’Europa non può essere un soggetto che subisce una pace le cui condizioni non siano al cdento per cento convincenti e rassicuranti per tutti i soggetti coinvolti.
Ecco perché ritengo quanto mai indifferibile un’azione diplomatica, che parta dall’iniziativa della Commissione Europea, guidata, per il suo secondo mandato, da Ursula von der Leyen. Siamo stati troppo deboli finora, troppo morbidi nelle posizioni tenute finora. Nel Parlamento Europeo abbiamo continuato a votare provvedimenti volti a portare l’Ucraina verso la vittoria. Ma si è trattato, purtroppo, di provvedimenti meramente propagandistici, che non hanno portato a nulla. La posizione giusta da tenere è: con l’Ucraina, fino alla fine della guerra; con l’Ucraina, per una pace giusta.
Questo dovrebbe essere l’obiettivo del movimento pacifista: tenere la linea di un pacifismo pragmatico, ovvero non ideologico, sostenuto in primis dalla sinistra, dai progressisti, a tutti i livelli, non solo in Italia, ma entro l’Unione Europea. Occorre spingere in questa direzione affinché il 2025 possa essere l’anno della fine del conflitto in Ucraina, con una pace che sia davvero giusta.
Faccio le stesse considerazioni anche per quel che riguarda il Medioriente. L’Europa non ha toccato palla: c’è stata la rivolta siriana che ha aperto scenari positivi ma anche preoccupanti, perché non sappiamo che cosa accadrà dopo la caduta del regime di Assad. Ma anche in questa vicenda siriana, debbo dire, con dispiacere, che l’Unione Europea non ha giocato nessun ruolo.
I soggetti che hanno influito – tanto negativamente quanto positivamente – e che hanno giocato un ruolo geopolitico in quell’area sono stati la Turchia e la Russia. La Russia ha influito in modo negativo, la Turchia ha avuto un ruolo, al contrario, che reputo positivo.
Ma in quell’area del mondo resta una grande instabilità, a fronte della quale si rende necessaria un’azione da parte dell’Europa, così come nel resto del Medioriente. L’Europa ha giustamente condannato fin dal primo istante tutti gli atti terroristici di Hamas, delle forze terroristiche, perché sono forze appunto terroristiche e antisemite, senza se e senza ma. Ma è evidente che non abbiamo condannato abbastanza, non abbiamo avuto la capacità di fermare la politica di Netanyahu basata sulla vendetta: il diritto internazionale non può essere basato sulla vendetta. Quante altre migliaia di vittime civili devono ancora morire nella Striscia di Gaza? Parliamo di donne e bambini innocenti, in particolar modo.
Occorre un’Europa autorevole, in grado di fermare la politica basata sulla vendetta portata avanti da Netanyahu e che rilanci l’unico progetto fattibile per quella parte del mondo: la soluzione dei due popoli, due Stati.
Spero che il 2025 sia un anno nel quale la pace possa recuperare terreno, un anno nel quale l’Europa torni ad essere un soggetto di pace e spero ardentemente che abbia una politica estera incisiva nel mondo. Perché la vittoria di Donald Trump mette ancora di più a dura prova il ruolo dell’Europa nel mondo.
Auguri amici miei, che il 2025 ci veda ancora e sempre insieme, dalla parte della pace, della democrazia. della speranza.
Di Matteo Ricci, europarlamentare e Presidente del Consiglio di ALI