La Legge di Bilancio 2025, pur introducendo alcune modifiche nel passaggio parlamentare, conferma un impianto che penalizza in maniera significativa gli enti locali, soprattutto per quanto riguarda i tagli agli investimenti e le limitazioni delle risorse disponibili. La Commissione Bilancio ha apportato alcune correzioni al primo disegno di legge presentato alla Camera, ma il risultato complessivo resta quello di una manovra con l’obiettivo di fare cassa sugli enti locali senza alcuna capacità di rispondere alle reali esigenze di Comuni e Città Metropolitane.
Una delle modifiche più rilevanti riguarda il contributo per l’affidamento di minori e famiglie in condizioni di fragilità. La norma è stata rivista per ridurre la soglia del rapporto tra spese sostenute dai Comuni e fabbisogno standard monetario dal 10% al 3%. Inoltre, è stato eliminato il vincolo legato ai provvedimenti del giudice minorile emessi nell’anno precedente, evitando così distorsioni legate a provvedimenti con efficacia pluriennale. Tuttavia, sebbene questa modifica rappresenti un passo avanti rispetto alla prima proposta del governo, non può compensare i profondi tagli che sono stati confermati nell’impianto della legge.
Sul fronte degli investimenti, i tagli previsti per il quinquennio 2025-2029 ammontano a circa 3,2 miliardi di euro, colpendo duramente settori cruciali come la rigenerazione urbana, i progetti per la qualità dell’abitare e le piccole opere. La revoca di contributi rivolti ai Comuni con meno di 1.000 abitanti, nonché l’azzeramento del fondo a supporto degli enti sciolti per infiltrazioni mafiose, rappresentano misure particolarmente critiche. Anche il fondo per la progettazione gestito dal MIT viene cancellato, compromettendo la capacità dei Comuni di pianificare e realizzare interventi strategici. Questi tagli si inseriscono in un contesto già caratterizzato da vincoli finanziari stringenti, aumentando il rischio di un ulteriore deterioramento dei servizi offerti ai cittadini.
Un elemento positivo è l’abrogazione del limite del turnover al 75% per gli enti locali, che consentirà di garantire una maggiore continuità dei servizi. Questa modifica, richiesta a gran voce da ALI e dal presidente nazionale Gualtieri, è particolarmente importante soprattuto nel momento in cui i Comuni stanno svolgendo un ruolo fondamentale nell’attuazione del PNRR e gli si chiede di aumentare la propria capacità di spesa. È una vittoria per chi riteneva questa norma ingiusta, ma serve solo a riportare la situazione allo status quo, non aumenta le prospettive assunzionali degli enti locali.
Tra le altre modifiche introdotte in Commissione Bilancio, si segnalano la revisione delle norme sull’incentivazione della riscossione, che permettono agli enti locali di accantonare una quota del gettito tributario per potenziare la gestione delle entrate. Questa misura include anche la possibilità di destinare risorse aggiuntive al fondo per gli incentivi al personale, superando i limiti ordinari del salario accessorio. Inoltre, è stata approvata la possibilità per i Comuni di incrementare fino a 600 euro il contributo amministrativo per il riconoscimento della cittadinanza italiana e l’aumento dell’addizionale comunale per i diritti di imbarco.
Per i piccoli Comuni, sono state introdotte due norme specifiche: una anticipazione di 25 milioni di euro annui per il 2025 e 2026 destinata al pagamento dei debiti nei Comuni con meno di 1.000 abitanti in stato di dissesto, e un fondo straordinario di 5 milioni di euro annui per rafforzare l’offerta di servizi sociali nei Comuni con meno di 3.000 abitanti. Sebbene questi interventi rappresentino un piccolo aiuto, non affrontano in maniera strutturale le difficoltà finanziarie croniche che affliggono molti piccoli enti.
Sul fronte delle infrastrutture e del trasporto pubblico locale (TPL), è stato modificato il fondo per la riqualificazione e l’ammodernamento delle strutture pubbliche, portandolo a 17,5 milioni di euro annui per il triennio 2024-2026. Inoltre, le Regioni e le Città Metropolitane potranno utilizzare una parte delle risorse già assegnate per il rinnovo del parco autobus con veicoli a basse emissioni. Tra gli altri fondi istituiti, si segnalano il fondo per il contrasto alla povertà alimentare a scuola, con una dotazione iniziale di 0,5 milioni di euro per il 2025 e 2026, il rifinanziamento del fondo per la morosità incolpevole con 10 milioni per il 2025 e il fondo per le attività di rieducazione dei minori, dotato di 0,5 milioni per il 2025. Tutti gli interventi sovracitati scontano tre principali problemi: il primo è rappresentato dalle dimensioni di tali finanziamenti, che risultano esigue rispetto ai profondi tagli che la stessa legge approva; il secondo è la natura “a spot” e non strutturale di questi finanziamenti; il terzo è la centralizzazione a livello governativo delle risorse, che saranno in larga parte gestite tramite decreti ministeriali, lasciando Comuni e Città metropolitane in attesa di decreti e delle decisioni dei ministri.
In conclusione, la Legge di Bilancio 2025, nonostante con le modifiche il passaggio parlamentare abbia limato dei danni, si conferma un approccio restrittivo che penalizza fortemente gli enti locali. I tagli in spesa corrente compromettono la capacità degli enti di garantire servizi di qualità ai cittadini e gli tagli agli investimenti rischiano di minarne il futuro. Sebbene alcune misure, come l’abrogazione del limite al turnover, rappresentino un passo avanti rispetto al disegno presentato alle Camere, l’impianto complessivo della legge è incapace di rispondere alle sfide complesse che Comuni e Città Metropolitane si trovano ad affrontare, lasciando aperti interrogativi significativi sul futuro della governance locale in Italia.
Di Emanuele Bobbio, Direttore Ufficio Studi e Analisi