Congresso nazionale di ALI,il Sindaco di Roma CapitaleRoberto Gualtieriè il nuovo Presidente

IL TESTO INTEGRALE DELL’INTERVENTO DEL PRESIDENTE NAZIONALE DI ALI ROBERTO GUALTIERI

“Grazie davvero, per me è un onore accettare questa elezione alla presidenza di ALI.

Voglio salutare tutte e tutti voi per essere qui, per aver scelto Roma, la Capitale, quest’Aula – che è la prima sede nella storia d’Italia di un Governo comunale – per svolgere questo congresso e naturalmente ringrazio i Presidenti regionali che mi hanno chiesto e mi hanno proposto di svolgere il ruolo di Presidente di ALI e tutti voi che mi avete eletto a questo incarico, che considero un onore e una responsabilità.

Naturalmente, come è stato detto, il compito di Sindaco di Roma Capitale è gravoso e quindi innanzitutto so che per svolgere questa funzione appieno e al meglio avrò bisogno davvero di tutta la squadra, che ringrazio per come ha saputo in questi anni non solo salvare un’associazione blasonata e gloriosa, ma rilanciarla e definirne una funzione importante e utile. È stato un lavoro di squadra, largo. Io ho accettato questa proposta anche perché so di poter contare su questa squadra.

Naturalmente devo innanzitutto ringraziare chi è stato alla guida di questa squadra, che ha davvero segnato la rinascita di ALI, e cioè Matteo Ricci. Grazie davvero Matteo per quello che hai saputo fare, per come hai saputo interpretare le potenzialità di ALI e anche, come ci hai detto, la sua capacità di lavorare in sinergia con gli altri organismi associativi delle autonomie locali. È stato davvero un lavoro preziosissimo e straordinario che ha salvato ALI ma l’ha soprattutto messa nelle condizioni di svolgere, come ha saputo già fare, una funzione importante.

E io naturalmente mi metto a servizio di questa funzione, sapendo che ALI ha una storia prestigiosa e una funzione potenziale, già in atto, molto importante. La storia è quella, naturalmente, che ci richiama a dei nomi davvero importanti dell’autonomismo italiano e primo fra tutti a uno dei fondatori di ALI nel 1916 e cioè a Giacomo Matteotti, di cui proprio quest’anno ricade il centenario della morte e della barbara uccisione. Noi lo onoreremo oggi pomeriggio alla Camera dei Deputati discutendo anche un bellissimo volume che ripercorre proprio la storia di ALI e il suo radicamento nella scelta, in quella fase politica, dei socialisti e dei progressisti di costituire una propria associazione nel momento in cui ANCI era sempre più risucchiata dentro un profilo moderato.

Poi c’è stato il fascismo, poi c’è stata la ricostituzione, su basi nuove, di ANCI e di ALI a un anno di distanza, e in quel dibattito si scelse di tenere i sindaci progressisti dentro ANCI e al tempo stesso di dotarsi di uno strumento proprio, più di parte, anche se sempre – come giustamente devono essere le associazioni che riuniscono Sindaci e persone elette dal popolo -, rivendicando una sua autonomia. Si sviluppò un dibattito e un grande giurista che lavorava con Pietro Nenni, uno dei più grandi giuristi italiani, Massimo Severo Giannini, sintetizzò una formula che non fu poi realtà fino in fondo sviluppata, e che appunto è stata ripresa nella sostanza con Matteo Ricci e anche con i suoi immediati predecessori – che ringrazio e che sono qui – e cioè quella che l’ANCI ha una funzione tecnico-politica e la Lega delle Autonomie – poi ha cambiato nome varie volte – una funzione politico-tecnica, in una complementarietà che serve anche ad aiutare e sostenere ANCI e gli altri, perché come è stato giustamente ricordato, in ALI ci sono i Sindaci ma non solo, ci sono figure istituzionali e amministratori che a vario livello sostengono un modello di crescita e sviluppo di un Paese unito, europeo, ma proprio per questo basato e fondato sul ruolo importante delle autonomie.

E avere un organismo che con una chiara scelta e collocazione nel campo progressista e democratico lavora ed elabora e spinge su questo, aiuta gli organismi associativi del sistema delle autonomie a svolgere meglio la loro funzione e aiuta più in generale il Paese, il campo progressista, a salvare l’Italia dalla deriva in cui rischia di precipitare, e costruire un futuro più forte, più coeso, più sostenibile, più democratico per l’Italia e per l’Europa e per il sistema dei Comuni e delle autonomie.

È quello che io penso noi dobbiamo fare, sviluppando ancora di più la nostra capacità di studio, di elaborazione, non solo tecnica anche se saldamente radicata in una solidità scientifica, ma anche politico-programmatica, perché le scelte che sono oggi davanti al Paese, all’Europa e al sistema delle autonomie hanno una natura e anche una complessità e una dimensione che si traducono sul piano tecnico, amministrativo, economico etc., hanno una fortissima connotazione politica, quindi io penso che ALI debba assumere fino in fondo questa funzione politica a sostegno di uno sviluppo del Paese e dell’Europa che vede al centro il sistema delle autonomie. Questa non può che essere la nostra prima battaglia.

E l’abbiamo già fatto, perché come ricordava Claudio Mancini è bello ed è per noi un onore e una responsabilità che la sede del Comitato nazionale per il Sì al referendum contro l’autonomia differenziata sia ospitata da ALI. E proprio questo dice plasticamente cosa significa svolgere una funzione politica, perché noi dobbiamo costruire, ma non si può pensare di costruire un futuro di progresso, di coesione, di giustizia per il nostro Paese e per i nostri Comuni se per prima cosa non si ferma questo patto scellerato che ha portato allo scambio tra autonomia differenziata e premierato. E lo si ferma vincendo il referendum, completando la raccolta delle firme e poi vincendo il referendum e bocciando questa legge, perché noi avremo sempre – non possiamo non averlo, siamo sindaci – avremo sempre un profilo istituzionale e quindi una misura nel modo in cui condurremo anche le nostre battaglie, sempre ricordando che rappresentiamo come Sindaci tutti i nostri cittadini e che quindi abbiamo sempre il dovere di porci in modo costruttivo e serio nei confronti degli interlocutori istituzionali, qualsiasi colore essi abbiano.


Al tempo stesso, nei momenti fondamentali in cui davvero la storia d’Italia rischia di prendere una strada o un’altra molto diversa – e qui davvero la lezione di Giacomo Matteotti non può e non deve essere dimenticata – noi abbiamo il dovere, proprio se vogliamo assolvere a questa funzione nazionale e democratica, di essere fermi, determinati, inflessibili e intransigenti nel difendere la Costituzione italiana. E la Costituzione italiana è attaccata, minacciata dalla legge sulle autonomie che proprio oggi pomeriggio in Conferenza Stato Regioni inizierà il suo percorso istituzionale; noi pensiamo che stiamo parlando di un progetto futuro, ma stiamo parlando di una realtà, di un processo che si sta innescando e che quindi deve essere fermato e che peraltro non è solo in sé insostenibile, inaccettabile, ma è parte integrante di un pacchetto istituzionale di cui l’altra parte, il premierato, e non solo dal punto di vista di uno scambio politico scellerato, ma anche dal punto di vista di un modello che prende a configurarsi. È un modello che non ha nulla a che fare con la difesa delle autonomie, ma è nemico delle autonomie e noi questo lo dobbiamo spiegare e lo dobbiamo dire chiaramente.

Dobbiamo denunciare il patto politico scellerato del Governo, il partito di maggioranza relativa, che per avere il Sì a una riforma che fuoriesce dai confini degli equilibri della liberaldemocrazia e che assegna tutto il potere a una sola persona – mescolando i piani e mescolando il peggio del presidenzialismo e del parlamentarismo, facendo sì che si darebbe tutto il potere a una persona eletta e al tempo stesso questa persona controllerebbe non solo l’esecutivo, come avviene nei sistemi presidenziali, ma anche il legislativo, perché ci sarebbe l’elezione a cascata e quindi trasponendo in modo assurdo e improprio il sistema dei Comuni, che non è fatto per governare gli Stati, alla dimensione nazionale – per avere questo, è stato accettato di consentire a un partito che non arriva al 10% di sfasciare l’equilibrio amministrativo, economico, sociale, politico, democratico del Paese, perpetuando il più grande furto con destrezza di risorse economiche ai danni della maggioranza del Paese. Perché questo tecnicamente avverrebbe: le competenze aggiuntive si finanzierebbero trattenendo sul territorio una parte del gettito fiscale che verrebbe tolto dal bilancio dello Stato e quindi tolto a tutto il resto del Paese.

È tecnicamente un furto con destrezza di risorse, che si è accettato per dare in cambio tutto il potere a una persona sola ma anche un modello di centralizzazione regionale che comprimerà il sistema delle autonomie e il ruolo dei Comuni, che dovranno andare a discutere con i Presidenti di Regione di finanza comunale, che è una delle materie, non beneficiando della possibilità di un’interlocuzione più diretta col Governo: saranno schiacciati da un neocentralismo regionale.

Quindi noi su questa battaglia dobbiamo essere su tutti i piani: sul piano politico, sul piano della campagna e anche sul piano di dare elementi anche di studio e di ricerca che spieghino e aiutino tutto il Paese a comprendere che questo non sarà un referendum del Nord contro il Sud e del Sud contro il Nord.

 
Questo sarà un referendum su due strade che il Paese può prendere: una è quella del premierato e di una frammentazione del Paese, ma anche dell’opposto di quello che occorre fare, perché l’autonomia differenziata dice che il Molise dovrà fare una politica energetica, non la deve fare l’Europa, non la deve fare l’Italia, è il Molise che deve fare una politica energetica e poi andare a discutere con la Russia, con la Cina, con gli Stati Uniti di questi temi.

Però, allo stesso tempo, secondo questo Governo ce lo deve dire il MIT dove dobbiamo mettere gli autovelox e a quale limite di velocità si deve andare su una strada perché il Sindaco non lo sa! Lo sa il Governo centrale e la Regione ci dovrà dire ‘fate questo, fate quest’altro.

In questo modello chi perderà saranno i Comuni e se perdono i Comuni perdono i cittadini, perché un’Italia che non mette al centro il ruolo dei Comuni oggi è un’Italia che non ce la farà ad affrontare tutte le sue sfide e a risolvere i problemi.

E qui si viene alla seconda funzione che noi dobbiamo assolvere con ancora maggiore impegno, che non è solo quella di difendere la Costituzione da questo attacco e di sconfiggere questo patto scellerato, ma anche quello di delineare invece uno sviluppo, perché noi non dobbiamo solo difendere il nostro Paese, noi abbiamo il compito anche di trasformarlo, di cambiarlo profondamente, perché le sfide che abbiamo oggi davanti a noi richiedono un livello di trasformazione profonda se vogliamo difendere i grandi principi del modello sociale europeo, cioè il principio del welfare universale, il principio dell’istruzione gratuita universale per tutti, il principio della democrazia.

Questi principi si difendono se si difende la Costituzione ma si cambiano profondamente le politiche dell’Italia e dell’Europa, e le si devono cambiare a partire da dove sono, tecnicamente e fisicamente, queste sfide; e tutte le sfide fondamentali del nostro tempo, generali, internazionali, europee e specifiche del nostro Paese, si misurano in misura molto significativa se non prevalente proprio sul terreno delle città e dei Comuni. I mutamenti climatici, le emissioni si fanno nelle città: se vogliamo salvare il pianeta dai mutamenti climatici dobbiamo ridurre le emissioni di CO2 in modo molto massiccio, molto radicale. Se seguiamo il ritmo attuale il pianeta non lo salviamo.

E adesso forse si sta cominciando a capire di cosa stiamo parlando; sembra che parliamo di un futuro lontano, di qualcun altro, ma parliamo di noi, parliamo degli incendi, delle ondate di calore, delle bombe d’acqua, delle frane, dell’erosione delle coste, di cose che stanno accadendo e noi lo dobbiamo dire e siamo quelli che devono fare questo lavoro, perché le auto e gli edifici stanno nei Comuni e sono loro che fanno la gran parte delle emissioni; e poi gli adattamenti, perché noi non ce la faremo solo a mitigare i mutamenti climatici, noi ci dobbiamo adattare altrimenti la vita delle persone cambierà.

Siamo usciti dal Covid quando c’era il bollettino dei decessi, ma tra un po’ se non se non mettiamo in campo queste politiche avremo il bollettino dei decessi per i mutamenti climatici, per il caldo, per la pioggia. Questo sarà il futuro, perché noi lo sappiamo, altri ancora non lo hanno capito ma noi lo tocchiamo con mano e quindi questo rende le città il luogo dove vanno fatte queste cose, questi adattamenti, come la forestazione urbana; sono cose che hanno una valenza generale, non sono cose settoriali, politiche locali: è la grande politica e oggi si fa qui.

E questo è solo un elemento. Si parlava di welfare, e delle donne: noi stiamo dando un contributo penso significativo alla crescita del Paese perché siamo il soggetto che fa di più gli investimenti, più rapidamente e meglio. Hanno cercato di dare la colpa a noi ma poi si è visto che i Comuni sono quelli più avanti di tutti sul PNRR e sulla rapidità di spesa, ma sappiamo che se vogliamo rendere più forte, più ampia, più inclusiva e anche materialmente più alta la crescita del nostro Paese dobbiamo affrontare alcuni nodi e uno di questi appunto è quello dell’occupazione femminile. Abbiamo fatto tanto anche come Governo con gli sgravi etc, ma poi quando si va a vedere i colli di bottiglia si passa di nuovo per le città.


L’organizzazione dei tempi, i trasporti, il welfare locale: alla fine sono queste le questioni che possono cambiare e rendere possibile una vera parità di genere, che significa non solo la giustizia da tempo attesa per le donne di essere veramente sullo stesso piano e non pagate di meno e costrette a fare lavori di cura, ma anche capacità di sviluppo, di crescita e di occupazione. Se queste cose non le facciamo noi, se le città non le fanno, l’Italia da sola non ce la potrà fare, potranno mettere quello che gli pare in una legge nazionale.

Quindi noi abbiamo questo ruolo di prima linea e io penso che ALI deve in qualche modo, con una maggiore libertà e partigianeria, rigore e serietà, aiutare a definire questa agenda di trasformazione e spingere perché le politiche nazionali, regionali ed europee in qualche modo la accompagnino e la sostengano per reggere la sfida delle trasformazioni tecnologiche e rendere le nostre città veramente smart, per rendere le nostre città più verdi, per sviluppare il trasporto pubblico, per costruire modelli di politica industriale, per costruire un nuovo welfare territoriale, per includere i cittadini italiani di qualsiasi provenienza, perché chi nasce e chi studia in Italia è cittadino italiano – di nuovo la battaglia sullo Ius soli o sullo Ius scholae e sull’integrazione sono battaglie gigantesche – e noi sappiamo che abbiamo anche qui dei rischi, dei fenomeni.

Anche io sono rimasto colpito dalla vicenda terribile della persona che sembra essere passata sopra il corpo, ci sarà la magistratura che farà le sue indagini ma mi ha agghiacciato leggere  tanti commenti; quindi quando noi ci indigniamo e quando vediamo che Trump dice ‘gli immigrati mangiano i gatti’ e pensiamo guarda come sono ridotti gli Stati Uniti, poi leggiamo i commenti sui social che dicono ‘brava, ha fatto bene, dovevi passare sopra dieci volte in più’, capiamo che se noi non governiamo questi fenomeni, se noi non costruiamo le alternative a una assenza di governo dei processi, noi rischiamo l’imbarbarimento delle nostre società. Abbiamo una responsabilità enorme per offrire un’altra strada, per coniugare legalità, giustizia, rigore e al tempo stesso inclusione, apertura, solidarietà.

Per questa ragione penso che i Comuni siano la frontiera centrale e la parola chiave è prossimità: le trasformazioni che l’Italia, l’Europa e il mondo deve affrontare se vuole essere più giusto, più sostenibile, più inclusivo, più pacifico, le trasformazioni che sono cambiamenti profondi che noi dobbiamo fare, non si realizzeranno mai solamente attraverso un processo giacobino di norme che dall’alto producono i cambiamenti dal basso: è impossibile. Dobbiamo cambiare profondamente il nostro modo di vivere e se non facciamo essere protagoniste di questa trasformazione le comunità, se non investiamo la dimensione comunitaria in questi cambiamenti, questi cambiamenti non saranno possibili.

Permettetemi di citare Papa Francesco che dice: la libertà, l’uguaglianza, ma se non c’è la fraternità non potrai avere né la libertà né l’uguaglianza. La fraternità si costruisce sulla comunità, e la comunità si costruisce sui territori e noi siamo lì, in prima linea, in campo anche al di là dei poteri, delle funzioni, dei regolamenti di Aula, di Giunta. È lì che si deve costruire una dimensione comunitaria solidale, capace di rendere diffusa la consapevolezza delle sfide, delle alternative, dei cambiamenti nel medio periodo e nel lungo periodo, perchéuna cosa può essere difficile e dolorosa oggi, però è necessaria domani, e i Sindaci questo lavoro lo fanno tutti i giorni, perché ogni cosa che fanno hanno subito tutti che dicono ‘no, hai tolto il parcheggio lì etc etc”. È però sempre il Sindaco quello che deve spiegare. Non può dire ‘non mi interessa’, deve andare lì insieme alle persone e costruire il processo del cambiamento.


È questa la dimensione della prossimità quindi, per cui i Comuni si trovano oggi in prima linea nelle sfide globali.

Se si legge oggi un dibattito delle Nazioni Unite o europeo, due terzi delle cose sono cose comunali, quindi siamo i più global di tutti ma al tempo stesso siamo i più local di tutti, perché siamo quelli che stanno sul terreno concreto della vita e delle relazioni tra le persone; questa è una responsabilità, una sfida, una difficoltà di governo e noi ci dobbiamo aiutare a vicenda per rendere ciascuno di noi più bravo a svolgere il suo compito.

Anche questa è la funzione di ALI, ma in qualche modo facendo questo dobbiamo anche aiutare tutti gli altri livelli a resettare la visione di una trasformazione, di un programma di governo, di una visione del cambiamento, proprio per mettere queste risorse e queste sfide al centro: per cui noi non intendiamo solo svolgere una funzione corporativa, di rappresentanza, sindacale; noi vogliamo aiutare i progressisti e il campo democratico a vincere queste sfide e avere questo  rapporto tra dimensione delle autonomie, e quindi della comunità, e dimensione comunitaria con le grandi sfide nazionali europee e globali. Su questo noi dobbiamo lavorare anche con un po’ di libertà, di coraggio, osando, costruendo soluzioni, aiutando a definire scenari, anche dotandoci di strumenti redazionali di ricerca, che diano impulsi su questi temi e che aiutino poi tutti livelli, il sistema associativo ufficiale pubblicistico delle autonomie locali, ANCI e tutti gli altri, e poi tutti i livelli istituzionali, per costruire, disegnare e realizzare la trasformazione, creando anche una rete a sostegno e a supporto di tutti noi nello svolgimento della nostra funzione e dei nostri compiti di Sindaci, ma anche nell’affrontare battaglie generali.

E naturalmente oggi la più vicina non può che essere quella di dare un grandissimo in bocca al lupo a Stefania Proietti e di farle sentire tutta la nostra vicinanza, come ad Andrea Orlando, a Michele De Pascale. La vostra vittoria è la nostra vittoria. Noi ci sentiamo al vostro fianco e penso che ALI sarà al vostro fianco, come sarà a fianco di tutti i sindaci, di tutti gli aderenti e soprattutto di tutti quanti pensano che un rilancio di un sistema di autonomie, capace al tempo stesso di essere vicino alle persone e di avere sempre un orizzonte più generale nel costruire e  governare i cambiamenti e le trasformazioni, sia una risorsa per il Paese, per il suo sviluppo, per la sua capacità di trasformarsi profondamente, fedele ai valori della Costituzione e capace di interpretare le sfide del nostro tempo.

Grazie davvero per la fiducia che mi avete accordato”.

Roberto Gualtieri, Presidente nazionale Ali, Sindaco di Roma Capitale