La Rete dei Comuni Sostenibili e ALI condividono l’impostazione della nuova Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. Lo abbiamo sottolineato nell’Assemblea nazionale della Rete. Abbiamo partecipato al processo partecipativo, fatto nel 2022 nel Forum Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, promosso dal Ministero dell’Ambiente e apprezzato il riconoscimento dell’importanza dei territori per l’attuazione della Strategia.
Avevamo sollecitato, in concorso con l’ASviS e con altri attori, l’approvazione della nuova Strategia e oggi poniamo la sua attuazione al centro della nostra Carta dei Comuni Sostenibili, insieme a quella delle nuove pianificazioni in vigore: Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) e Strategia nazionale per la biodiversità al 2030.
Per realizzare la Strategia, il Cipess, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e la Spesa Pubblica, ha stanziato per l’annualità 2023/2024 17 milioni di euro. Il bando per le Regioni e Città Metropolitane già emanato prevede intanto l’erogazione di 5 milioni e 500 mila euro.
Si deve procedere con velocità e coerenza al perseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 e della SNSvS. Qui sta il compito del governo, che deve superare le incertezze e le incoerenze mostrate nel primo anno della legislatura. Sottolineate nel Rapporto annuale dell’ASviS e confermate dalla lettura del disegno di legge di bilancio per il 2024 e dalla modifica degli obiettivi del Pnrr.
Tutte le istituzioni devono impegnarsi appieno, cooperare e coinvolgere rappresentanze sociali e cittadinanza attiva. Prima ancora per chiedere al Governo e al Parlamento di decidere con coerenza e in tempi serrati.
Comuni e attori sociali al Governo: politiche coerenti e risorse
Il messaggio inviato all’Assemblea della Rete dei Comuni Sostenibili dal ministro Pichetto Fratin è stato positivo, lo abbiamo detto. Ma adesso è il momento dei fatti positivi.
Perché la nuova Strategia servirà davvero se potrà contribuire a dare coerenza alle politiche che sostiene, decise di concerto con l’Unione europea, nell’ambito nazionale come in quello territoriale. Per rafforzare la cultura della sostenibilità servono risorse e una pianificazione che abbia obiettivi di medio e lungo termine. Lo stesso vale per le esperienze di partecipazione e di forme di partenariato, che devono essere monitorate e valorizzate, con un coinvolgimento reale degli attori sociali.
In poche parole, per l’attuazione della Strategia serve una forte volontà politica e sono necessari strumenti di garanzia e per la continuità, perché i suoi protagonisti non si trovino a girare a vuoto. Perciò va istituito un più forte coordinamento interministeriale che faccia marciare e armonizzi le diverse strategie già approvate.
È necessaria una cabina di regia che funzioni e che sia di riferimento per le interlocuzioni più alte, da farsi sulle politiche strategiche, degli attori sociali. Non vanno fatte cadere le realizzazioni d’integrazione delle politiche più innovative, come richiesto dall’ASviS: penso a quelle a favore delle aree urbane, impostate da Enrico Giovannini quando ha guidato il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. Ma lo stesso vale per le aree interne: serve una nuova pianificazione e non un definanziamento.
Anche le associazioni ambientaliste hanno denunciato la mancata attuazione dell’Artt. 9 e 41 della Costituzione come riformati e le norme approvate e in gestazione che contrastano apertamente principii e criteri di sostenibilità. Per favorire il mantenimento di produzioni anche in presenza di reati che riguardano la salute e l’ambiente o per indebolire l’autonomia di gestione degli enti parco, per fare solo due esempi.
Gli impegni presi in sede Onu: varare il piano di accelerazione
Il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres nel suo rapporto sull’attuazione dell’Agenda 2030 e con la dichiarazione dell’Assemblea generale dello scorso settembre ha esortato in modo drammatico tutti i paesi ad accelerare e salvare gli SDGs e tutte le comunità nazionali a mobilitarsi, seguendo l’esempio dato da tanti giovani. Ha riaffermato la necessità di riforme globali, a partire da quella dell’architettura finanziaria che orienta tutte le economie spesso in direzione contraria agli obiettivi dell’Agenda 2030. Mentre Papa Francesco ha impresso un nuovo fortissimo segno di richiamo all’impegno e un appello di valenza universale con la “Laudate Deum”, l’Esortazione Apostolica a tutte le persone di buona volontà dedicata alla crisi climatica.
L’Assemblea dell’Onu, con il documento di sintesi approvato, ha chiesto a tutti i paesi di approvare piani di accelerazione nazionali per l’attuazione dell’Agenda 2030. La Strategia Nazionale, va ricordato, non è il piano di accelerazione e se rimanesse sconnessa da regole nuove e dalla nuova pianificazione finanziaria necessaria sarebbe costretta all’insuccesso.
Dunque un cambio di orientamento e di passo del governo è urgente. Nell’Unione europea l’Italia troppo spesso si accoda ai paesi più conservatori, ostili alle politiche green e agli obiettivi del Green deal europeo e se le Strategie approvate appaiono come l’inerzia di scelte fatte dai governi precedenti si andrà poco lontano. Con nuovi segnali allarmanti: mentre si registrano nuove emergenze-smog nelle nostre città e il Parlamento europeo approva l’accordo sulla nuova direttiva per la qualità dell’aria si attaccano le “Città30”. Mentre il Parlamento europeo approva la Nature Restoration Law, che mira a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050, si vuole indebolire il sistema dei nostri parchi naturali. E c’è da chiedersi se il Governo italiano non continuerà ad opporsi all’approvazione della legge, quando gli stati membri dovranno approvarla formalmente, rischiando un grave isolamento in Europa.
Le politiche che servono a rendere credibile la Strategia
Si deve indirizzare la leva finanziaria, pubblica e privata, che dev’essere d’incentivo e non di ostacolo e agire lo strumento fiscale. Vanno indirizzate le transizioni necessarie: pensiamo alle implicazioni di quella per la mobilità elettrica – di grande impatto sulle città – e per le riconversioni industriali. Si devono impostare politiche per ridurre l’impatto sociale delle transizioni e perché le innovazioni producano, com’è possibile e già si verifica, lavoro aggiuntivo e sicuro, non precario. Perciò si deve decidere come s’impegnano le risorse nei bilanci pluriennali, con la consapevolezza che, com’è stato dimostrato dalla ricerca economica, i costi dell’inazione sono e saranno più alti di quelli necessari per le azioni di sviluppo sostenibile. Da un recente rapporto del riassicuratore Swiss Re che elabora le conclusioni del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) emerge che l’Italia, paese più colpito dal cambiamento climatico in Europa, ha subito perdite per 37 miliardi di dollari in 10 anni.
Certo, sono irrinunciabili politiche europee coerenti: ridurre gli alti tassi d’interesse e correggere in modo orientato alle politiche green il patto di stabilità. Questo dovrebbe essere l’impegno del governo e quello dei partiti in vista delle prossime elezioni europee. Ma sarebbe servito assumere davvero un approccio sistemico e una capacità di spesa orientata nelle politiche conquistate, come quella del Next Generation EU e del Pnrr.
Queste considerazioni di quadro non diminuiscono l’importanza del lavoro compiuto dall’apparato ministeriale più impegnato per elaborare la Strategia, rinnovandola. È importante che il documento abbia fatte proprie le proposte che la Rete dei Comuni Sostenibili ha formalizzato nella fase di consultazione. In particolare per quanto riguarda il coinvolgimento delle “associazioni di comuni”, riguardo ai Vettori di sostenibilità. Per l’Obiettivo 2 “Assicurare integrazione e coerenza delle politiche pubbliche verso lo sviluppo sostenibile” e per l’Obiettivo 5 “Garantire il monitoraggio integrato della SNSvS anche ai fini della sua revisione triennale”.
Ciò potrà consentire di attivare un protagonismo delle autonomie locali per garantire la coerenza delle politiche pubbliche per lo sviluppo sostenibile e il monitoraggio integrato della Strategia, anche secondo l’impostazione multilivello (ma che abbia ricadute concrete). A partire dalla verifica dell’appropriatezza dei suoi indicatori che deve e può essere testata in un campione significativo di comuni, nazionale o selezionato in Regioni e Città Metropolitane.
Perché l’Italia è fatta soprattutto di Comuni, piccoli e medi, non solo di Regioni e Città Metropolitane.
Promuovere e sostenere il monitoraggio volontario dei Comuni
La nuova Strategia deve servire ad affermare la pratica del monitoraggio volontario come impulso per realizzare Agende locali impegnative e programmare con coerenza (Def e Dup). Spingendo per nuove pianificazioni (Pums, Agende digitali, Gestione dei beni comuni, Patti di comunità…). Facendolo tramite percorsi partecipativi. Per poter apprezzare i risultati delle Strategie e di nuove politiche non si può pretendere che ogni regione, ogni comune e ogni ente intermedio – Città metropolitane e Province – proceda alla stessa velocità. Bisogna coltivare buoni esempi, che derivano da una scelta d’impegno, sostenendoli.
Quello del monitoraggio volontario è un metodo che ricerca il rapporto diretto con i comuni, senza automatismi – che spesso non funzionano –, e che implica azioni concrete nei territori. Può integrarsi con altri sistemi di monitoraggio (che hanno un numero di indicatori necessariamente ridotto rispetto a quello che ha la sperimentazione della nostra Rete). Per far questo e per contribuire ad evitare che si faccia un lavoro superficiale, che non incide sulle politiche locali, possiamo dare il nostro contributo.
Oggi quello del monitoraggio volontario è il metodo da promuovere, con coraggio, sempre che si punti a produrre azioni concrete, misurabili, con i comuni che abbiano libertà di azione. L’impostazione multilivello non deve significare solo caduta delle scelte dall’alto verso il basso, dalle regioni ai comuni, con vincoli politici neppure condivisi o senza un monitoraggio che sia collaborativo.
Queste sono ragioni a favore del monitoraggio volontario e, se si dà una valutazione positiva delle sperimentazioni fatte in Europa, si devono dare azioni che valorizzino il coraggio dei comuni e anche una legislazione nazionale e regionale per sostenerlo.
Con la nuova Strategia abbiamo un riferimento certo e anche su questo vogliamo giocare anche la scommessa della missione della Rete dei Comuni Sostenibili. Con la sperimentazione del monitoraggio volontario, vogliamo dare esempi di cultura concreta, operativa della sostenibilità, di protagonismo fattivo delle istituzioni territoriali e delle comunità locali, volto a perseguire gli obiettivi dell’Agenda 2030.
*di Marco Filippeschi, Coordinatore del Comitato Scientifico della Rete dei Comuni Sostenibili