La finanza pubblica italiana non sta bene da tempo. Ad aggravare la situazione sono intervenuti il Covid, prima, per la necessità di sostenere cittadini e imprese che ha fatto premio su qualsiasi criterio di controllo della spesa; l’inflazione e la guerra poi, che con l’aumento dei costi energetici e dei prezzi, ha provocato una impennata di spesa per gli Enti locali. Al contempo il PNRR ha creato una curiosa illusione ottica che ha finito per far dimenticare il debito. La stessa condivisibile tesi sul debito buono e il debito cattivo, ha contribuito a un certo… rilassamento. La discussione europea sul patto di stabilità ci riporta bruscamente alla realtà e sarà opportuno discutere su quale strategia il Paese intende perseguire nei negoziati europei.
Nel frattempo la vita quotidiana va avanti e bisogna fare i conti con i bilanci. Le difficoltà finanziarie delle famiglie sono aumentate e con esse le disuguaglianze. Lo spazio, quindi, per incrementare la pressione fiscale è proprio poco. Al contempo lo Stato si trova in una situazione così complicata che è difficile pensare che possa dedicare ingenti risorse a sostegno degli Enti locali.
In questa stretta conviene adottare, come Enti locali, Anci e Alì in testa, una strategia realista per quanto riguarda le richieste finanziarie al governo (es. l’energia), e concentrarci su modifiche normative che aiutino gli amministratori locali a gestire meglio i loro bilanci.
Allo scopo di favorire questa prospettiva provo ad elencare alcuni di questi aspetti.
Negli ultimi mesi si è avuta, fortunatamente, una ripresa diffusa del turismo i cui effetti positivi si sono concentrati nelle aree che commercialmente interagiscono col fenomeno. Ma, molte estese periferie urbane (è il caso di Napoli) non ne sono direttamente coinvolte, eppure quando si tratta di pagare la TARI subiscono la ripartizione dei costi aumentati proprio a causa del maggior turismo. Recentemente è stata approvata una norma che liberalizza l’imposta di soggiorno per quelle città che hanno una presenza venti volte superiore agli abitanti, E’ chiaro che si tratta di un provvedimento … “ad Municipium”, perché è applicabile solo da città piccole e particolari, ancorché importanti come Rimini, Venezia, Firenze. Ma, Milano, Roma, Napoli, non potranno mai raggiungere il livello richiesto dalla legge citata. Allargare a tutti la facoltà di regolare la imposta di soggiorno e superare il vincolo di destinazione prevedendo la possibilità di coprire in parte la Tari non pesa sul bilancio dello Stato, ma migliora la vita ai Comuni.
Un secondo esempio riguarda le morosità presenti nel patrimonio residenziale pubblico, soprattutto quello di edilizia popolare. Tutte le grandi città sono oberate da questo fenomeno che sottrae risorse importanti alla spesa corrente.Invece di tanti piccoli condoni (come gli ultimi relativi alla rottamazione che non prevedono effetti per l’Ente locale), si può consentire agli Enti locali di sanare transattivamente, con regole trasparenti e definite, il passato recuperando crediti altrimenti destinati a diventare inesigibili.
Un ulteriore esempio riguarda il Fondo crediti di dubbia esigibilità. Premetto che sono favorevole a questa norma che rappresenta un vincolo… anti suicidio; in quanto protegge l’ente locale dagli eccessi di spesa; ma dobbiamo riconoscere che l’impianto delle regole contabili è così stringente da rendere la gestione del bilancio dei Comuni prevalentemente autorizzativa. Senza toccare la struttura del FCDE, si può pensare di ridurne gli effetti di… 2 punti; o di allentarne gli effetti sui residui, vincolando semmai i benefici ai costi energetici.
Questo ci porta a ragionare sul Fondo di garanzia dei debiti commerciali. Visto che il contributo statale per le spese energetiche è insufficiente si potrebbe pensare di poter ridurre questo fondo di un importo pari al contributo straordinario ricevuto. In sostanza si tratterrebbe di considerare queste risorse, ai fini del FGDC, come vincolate. Personalmente penso che in questo caso non serva nemmeno una norma, ma sia sufficiente una interpretazione del Mef.
In effetti, sarebbe utile ragionare sull’insieme della struttura dei fondi. Mantenere una precauzione è giusto, ma scommettere di più sulla responsabilità degli amministratori locali anche.
Un ulteriore esempio riguarda gli enti in predissesto. Se, in un determinato anno, oltre agli impegni previsti per il recupero del disavanzo si realizza un ulteriore avanzo netto (nel nostro caso 53 milioni nel 2022), questo positivo risultato, merito anche di una attenta gestione, non può essere utilizzato; ma, per le regole contabili vigenti, va a ridurre l’ultima rata del piano, quindi, generalmente, molti anni dopo (per Napoli il 2044!). Potrebbe essere ragionevole consentire che una parte di questo buon risultato venga destinata a ridurre il disavanzo dell’anno immediatamente successivo o del triennio, consentendo cosi un miglioramento dell’indebitamento e una maggiore flessibilità di bilancio.
Infine, anche se l’elenco può essere molto più lungo, vale la pena citare il debito finanziario. Molti comuni ne sono schiacciati. Tramontate le ipotesi di Accollo, si tratta di ragionare su come consentire una migliore gestione del problema. Recentemente CDP ha aperto ad una rinegoziazione ad invarianza finanziaria che ha consentito un qualche modesto ritocco della gestione introducendo una flessibilità nella distribuzione del peso delle rate. E’ opportuno intensificare questa strada anche attraverso una estensione del percorso agli altri Istituti che il governo potrebbe autorevolmente stimolare.
Tutti gli interventi citati non prevedono contributi diretti dello Stato, ma i benefici per gli Enti locali sono tutt’altro che trascurabili. E, di questi tempi, non è poco.
*di Pier Paolo Baretta, Assessore al Bilancio del Comune di Napoli