La crisi energetica, che è essenzialmente una crisi europea, è entrata pesantemente nel dibattito economico e politico. Il caro energia è oggi la vera emergenza che, non lasciando fuori nessuno – governi, enti locali, grandi aziende, piccole imprese, cittadini e famiglie – colpisce a cascata tutto il tessuto economico e sociale del nostro Paese e dell’Europa.
L’escalation della guerra in Ucraina a seguito dell’invasione russa è stato il fattore decisivo, la scintilla che ha fatto incendiare tutto, ed è parso chiaro da subito che il conflitto non si sarebbe esaurito in pochi giorni. Ora siamo in piena crisi e auspichiamo che si individuino il prima possibile ipotesi largamente condivise di razionalizzazione dei costi. Sappiamo che non saranno soluzioni risolutive, ma è comunque necessario dare almeno un segnale di sobrietà e attenzione da parte delle istituzioni e amministrazioni verso imprese e cittadini. Dobbiamo intervenire, con velocità e unità, su due fronti: da una parte vanno bloccati gli aumenti dei costi dell’energia, dall’altra vanno pagate le bollette che sono già arrivate, aiutando famiglie e imprese in gravi difficoltà.
Per fermare gli aumenti l’unica strategia praticabile è un intervento collettivo, a livello europeo, fissando un price cap sul gas, superando i nazionalismi e lavorando per un’Europa unita, procedere a misure condivise che possano liberare risorse utili agli Stati membri per arginare la crisi. Purtroppo dopo una prima apertura all’ipotesi di un tetto al prezzo del gas l’Ue appare ora in difficoltà, tant’è che è sparito di fatto ogni ipotesi in tal senso dai documenti in discussione presso la Commissione ed è emersa la volontà di alcuni Paesi Ue di avere un taglio dei consumi di elettricità meno rigido di quello proposto il 14 settembre scorso, nonché – queste paiono le richieste arrivate – che i produttori da fonti fossili siano esentati dal contributo di solidarietà quando già soggetti a misure equivalenti, come la tassazione da extra-profitti. Le prime ipotesi di lavoro a livello UE per aiutare le utilities dell’energia sono attese per fine mese, con iniziative concrete che potrebbero arrivare nelle prime settimane di ottobre. Vedremo se prevarrà l’unità o dovremo fare i conti con spinte nazionaliste che minano il progetto politico ed economico di un’Europa unita, ad una sola velocità.
Per aiutare chi è stato messo in ginocchio da bollette insostenibili occorre intervenire con una strategia a breve termine ma sarebbe saggio pensare anche al medio-lungo termine. Certamente disaccoppiare gas ed energia elettrica è fondamentale, su questo c’è l’apertura dell’Ue ed è una buona notizia. Lo Stato poi sta lavorando a misure specifiche con il Decreto Aiuti ter che intervengono sul credito di imposta per le aziende e indirizzate a dare ossigeno a cittadini e famiglie. L’Italia e tutta l’Europa hanno urgente bisogno di una riforma strutturale del mercato per far fronte all’emergenza energetica. Oltre alla necessità di intervenire con misure mirate occorre unità e velocità per frenare l’impennata dei prezzi e ripensare il mercato dell’energia. Questo può essere fatto in Europa, e solo con un’Europa unita.
In Italia, i sindaci italiani hanno lanciato l’allarme mesi fa sui rischi che corriamo per l’aumento del costo delle risorse energetiche, perché molti Comuni si trovano in grandi difficoltà a chiudere i bilanci. Dobbiamo renderci conto dell’effetto valanga che si avrà sui cittadini e i lavoratori se non si interviene con rapidità, perché andare in affanno nella parte corrente significa tagliare i servizi e/o aumentare le tasse locali. Parlare di tagli drastici ai servizi non è certamente pensabile, non si può ad esempio spegnere l’illuminazione pubblica perché avremo città più insicure. Mettere in campo soluzioni attraverso una riforma più ampia che possa stabilizzare e rendere sostenibile l’approvvigionamento e i consumi è auspicabile. I sindaci nel loro “piccolo” stanno facendo la loro parte, anche aiutando le famiglie, e molti Comuni nel loro territorio attraverso una sensibile e lungimirante pianificazione amministrativa hanno dato spazio a politiche di sviluppo sostenibile capaci di guardare al futuro. Economia, politica, riforme e sviluppo devono necessariamente guardare alla sostenibilità, che deve diventare la priorità di ogni azione politica se vogliamo continuare a guardare i nostri figli negli occhi. Possiamo affrontare questa crisi come un’opportunità per agire uniti e per riscrivere le basi del nostro modello di sviluppo in chiave sostenibile. Non possiamo ragionare per comparti stagni, il nostro modello di sviluppo va ripensato. È una grande sfida per cui non abbiamo in mano la ricetta giusta, una strada rodata da seguire. Però almeno dobbiamo decidere la direzione che vogliamo prendere. L’Italia è un grande Paese, abbiamo testa e cuore per rialzarci e reinventarci, abbiamo solo tanto bisogno di unità e collaborazione, tra tutti i livelli di governo, tra il governo e le forze lavorative e sociali del Paese, tra lo Stato e i cittadini e tra i cittadini stessi. Occorre lavorare per un piano di crescita e serve farlo in un clima di responsabilità e unificazione.
*di Matteo Ricci, Presidente nazionale di Ali e Sindaco di Pesaro