L’Italia ha cambiato molte leggi elettorali dal 1946. Ciclicamente si dibatte su quale sia il sistema migliore, capace di garantire governabilità e rappresentatività. Roberto D’Alimonte, all’indomani della rielezione a Presidente della Repubblica di Sergio Mattarella, ha affermato che la legge elettorale va cambiata e che “dovrebbe assomigliare al sistema elettorale dei Comuni”. La buona fama di cui gode la legge elettorale dei sindaci è spiegata dal suo buon funzionamento, i cittadini sono chiamati a scegliere direttamente il candidato sindaco e il suo programma, nonché i candidati nelle liste collegate tramite preferenze. Governabilità e massima democrazia e impegno civico per i cittadini.
A livello nazionale dobbiamo fare i conti con una situazione ben diversa, abbiamo un quadro politico parlamentare del tutto eterogeneo e frammentizzato. Oggi abbiamo il (pessimo) Rosatellum bis che non permette governabilità se non attraverso coalizioni che diventano obbligate tra forze politiche che spesso hanno posizioni molto differenti tra loro su temi di massima importanza. Se si andasse a votare oggi con l’attuale Rosatellum il campo largo sarebbe obbligatorio da subito, e le varie forze politiche dovrebbero avere la capacità di tenere insieme battaglie identitarie e unità della coalizione. Al nostro Paese serve fare un salto di qualità, politico, economico, sociale, civico e culturale.
La strada maestra è una sola: occorre calendarizzare il prima possibile in Parlamento la riforma elettorale proporzionale, con lo sbarramento al 5%. Bisogna stanare le forze politiche, e farlo il prima possibile, per capire chi vuole davvero europeizzare il sistema politico italiano, rigenerando i partiti più grandi. Questo processo sarebbe vitale sia per il centrosinistra sia per il centrodestra, perché consentirebbe ai moderati di ‘liberarsi’ dalla morsa dei sovranisti.
Avere un Parlamento più efficiente e rappresentativo, più vicino all’Europa, capace di lavorare più celermente e bene, è senza dubbio la riforma delle riforme.
Abbiamo di fronte sfide e problemi che non possono attendere. E il pragmatismo dei Sindaci è noto. Noi siamo a contatto ogni giorno con problemi da risolvere e progetti da realizzare per migliorare i nostri territori e la vita delle nostre comunità. Ma abbiamo bisogno di essere messi in condizione di poter lavorare, di riforme istituzionali che rendano più efficiente e giusto il nostro Paese.
A questo proposito, un’altra importante riforma che non possiamo rimandare è quella della Giustizia, in particolare la modifica della Legge Severino. Una legge contro i Sindaci.
A giugno ci sarà il referendum, e sulla legge Severino c’è un problema. Alcuni sindaci hanno deciso di aderire alla campagna per il SI. Io credo fermamente che il referendum sia la strada sbagliata, è necessario invece un “patto con i sindaci” per portare avanti la proposta di legge già depositata, che modifica la Severino per i reati minori. Non è accettabile che un Sindaco decada o non possa candidarsi dopo una condanna di primo grado per reati come l’abuso d’ufficio o la turbativa d’asta. Nel 90% dei casi gli amministratori condannati sono stati assolti in appello, e nel frattempo la loro carriera è finita e il Comune commissariato. Su questi temi dobbiamo essere più garantisti.
Sono due riforme necessarie e urgenti, perché renderebbero più efficiente tutto il sistema Paese. Vuol dire anche velocizzare i processi decisionali e lavorare meglio.
Prendiamo l’esempio del Pnrr e delle grandi difficoltà che stanno venendo alla luce per quanto riguarda la sua attuazione. Ali ha lanciato diversi appelli alla “velocità”, alla necessità di sburocratizzare e accelerare le procedure. Oggi i Comuni sono alle prese con ulteriori difficoltà, sia per la mancanza di imprese per le opere sia per gli investimenti pubblici. Su questi temi Ali ha organizzato lo scorso 11 maggio a Roma un convegno con il Ministro Mariastella Gelmini, con il Presidente dell’ANCE Gabriele Buia, il Direttore FEDERBIM Tommaso Dal Bosco, il Presidente nazionale CNA costruzioni Enzo Ponzo, il Segretario Confederale CISL Andrea Cuccello. Abbiamo denunciato che le imprese, spaventante dai rincari, non partecipano alle gare pubbliche e vanno tutte sull’edilizia privata attratte dal Bonus 110%, che necessita pertanto di essere riequilibrato. Se portato pragmaticamente a 90-80-70% funzionerebbe ugualmente e avremmo al tempo stesso le imprese per gli investimenti pubblici. Inoltre abbiamo evidenziato che servono 20-30 miliardi del Pnrr per l’aumento dei costi delle materie prime. Questo ovviamente senza cambiare il Piano, scegliendo piuttosto di fare meno progetti ma di poterli finirli. Il rischio altissimo è che si blocchi tutto.
Un Paese che funziona è un Paese veloce, anche nel riformarsi.
*di Matteo Ricci, Presidente nazionale ALI e Sindaco di Pesaro