Oltre alla violazione del diritto internazionale di un aggressore che calpesta la libertà di un popolo aggredito, oltre la disumanità degli attacchi a civili, donne e bambini, a rischio in Ucraina è anche il patrimonio culturale.
In molti casi un patrimonio dell’Umanità che la comunità internazionale intera ha il dovere di proteggere, non solo come testimonianza del passato, ma anche come elemento identitario e culturale sui cui ricostruire quanto prima un futuro di pace.
La traslazione delle statua del Gesù Cristo Salvatore dalla cattedrale armena di Leopoli ad un bunker segreto per proteggerla dai bombardamenti, come non avveniva dalla seconda guerra mondiale, ci dice plasticamente che anche in Ucraina “pietà l’è morta”.
Come la storia ci dovrebbe avere insegnato non si prospera nella guerra. Non c’è benessere e giustizia nella guerra. La stessa dignità della persona umana è negata nella guerra. Non vi sono neppure progressi sociali e culturali.
Limitandosi anche solo al patrimonio censito dall’Unesco, l’Ucraina vanta 7 siti Patrimonio Mondiale, 8 riserve della Biosfera, 7 pratiche del patrimonio culturale immateriale, 3 Città creative, 4 iscrizioni nel Registro della Memoria del Mondo e decine di cattedre universitarie, scuole associate e città dell’apprendimento Unesco.
Oltre alla vita di un popolo aggredito anche tutto questo patrimonio è a rischio in Ucraina, mentre la guerra avanza con la sua carica distruttrice. Una ricchezza unica di sapere, creatività ed innovazione che fanno del patrimonio ucraino un bene pubblico globale e una fonte di ispirazione per la stessa resistenza del popolo ucraino, ma che appartiene in molti casi all’umanità intera, dunque a tutti noi.
A essere messa in discussione è anche un’altra cultura: la cultura democratica. Quella basata sulla convivenza civile, sulla cessione di sovranità, sul rispetto di norme e regole condivise a livello internazionale. Con il ritorno della guerra in Europa, infatti, la Federazione Russa guidata da Putin porta con sé un’altra responsabilità: quella di rompere l’ordine mondiale post secondo conflitto mondiale. L’aggressione russa è anche questo: rottura del sistema di garanzie reciproche, di una cultura di governo mondiale fondata sul diritto internazionale e sul rispetto dei diritti, con la pretesa di sostituirlo con l’unico diritto che possa contare, cioè quello del più forte che decide anche per le sorti degli altri.
Infine, c’è un’altra cultura a noi cara ad essere minacciata: è la cultura della verità, della trasparenza e della corretta informazione all’opinione pubblica. La bugia, si sa, è spesso sorella della guerra. E questa guerra non fa eccezione. Ma a ben vedere sappiamo che anche l’uso corretto dell’informazione, il non piegarla ad ingiustificabili fini di parte, attiene alla questione democratica. E invece assistiamo sgomenti al fatto che questa guerra, oltre a fare incolpevoli vittime civili sul campo, sia anche una guerra di disinformazione più che di informazione. Un altro tema, a mio avviso, a cui non dobbiamo piegarci se vogliamo salvare l’Ucraina e con essa il modello democratico occidentale.
Per tutto questo Ali, con i suoi Sindaci e le sue città custodi in molti casi e in molte forme di quella cultura italiana ed europea che oggi, con i suoi valori non negoziabili, è sotto attacco è al fianco del popolo e dei sindaci ucraini che lottano per la difesa della libertà e del loro patrimonio culturale.
*di Andrea Marrucci, Sindaco di San Gimignano e Responsabile Cultura e Turismo ALI