Misiani: giudizio positivo, resta aperta la partita di una riforma complessiva dell’ordinamento e della finanza degli enti locali
Un paese in forte ripresa ma non ancora fuori dall’emergenza. E’ questo il contesto in cui va collocata e valutata la legge di bilancio per il 2022. Il 2021 si avvia alla chiusura con un tasso di crescita record: +6,3 per cento secondo le ultime stime ISTAT. E’ un dato impressionante, che testimonia la resilienza e la reattività di un’economia che la pandemia aveva messo in ginocchio (nel 2020 il PIL è crollato dell’8,9 per cento). Ma non è sufficiente a ricucire le ferite sociali prodotte dalla crisi. La crescita va consolidata nel medio-lungo periodo e va accompagnata con un progressivo rafforzamento della rete di protezione sociale e da misure che vadano nella direzione della sostenibilità ambientale dello sviluppo. Il cuore di queste sfide sta nel PNRR, negli investimenti e nelle riforme di Next Generation EU. Una parte significativa nella politica di bilancio per il triennio 2022-2024. Il governo Draghi ha impostato una manovra espansiva: 23 miliardi di deficit aggiuntivo nel 2022; 30 miliardi nel 2023; 26 miliardi nel 2024. E’ una scelta corretta: la ripresa è ancora fragile ed è condizionata negativamente da una serie di fattori, dalla ripresa dei contagi alla corsa dei prezzi dell’energia e delle materie prime fino alla carenza di beni intermedi e alle strozzature nella logistica.
Il deficit aggiuntivo prodotto dalla manovra non impedisce però di rimettere su un sentiero discendente sia il deficit che il debito, che erano saliti a livelli decisamente allarmanti per effetto delle politiche anti crisi del 2020-2021.
Nel 2022 la manovra lorda ammonta a circa 37 miliardi di euro. Dal punto di vista quantitativo, l’intervento più importante è il taglio fiscale e contributivo. Non è stato semplice raggiungere un accordo in una maggioranza assai composita. Il punto di equilibrio è buono: 7 miliardi vanno alla riduzione dell’IRPEF, attraverso un ridisegno degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni che restituisce ordine e regolarità ad un’imposta che era stata progressivamente deformata da una serie di interventi spot. Quasi tutte le risorse vanno ai contribuenti dei primi tre scaglioni (e in particolare a quelli del terzo, che avevano beneficiato solo in parte dei bonus 80 e 100 euro) e, in particolare, a lavoratori dipendenti e pensionati. L’abolizione dell’IRAP a carico delle persone fisiche impegna un ulteriore miliardo e trecento milioni. Nel 2022 è infine prevista una riduzione una tantum dei contributi sociali di 1,5 miliardi a vantaggio dei lavoratori dipendenti. Questo pacchetto di misure è stato molto contestato dai sindacati e due confederazioni (CGIL e UIL) hanno proclamato uno sciopero generale. In realtà, l’intervento fiscale va collocato nel quadro di una legge di bilancio che, sul versante sociale, finanzia la riforma degli ammortizzatori sociali (2,8 miliardi) e rafforza la dotazione del reddito di cittadinanza (1,2 miliardi), della sanità (3,5 miliardi) e delle politiche per le persone disabili o non autosufficienti. Se le misure per la previdenza sono decisamente minimaliste (proroga di “opzione donna” e APE sociale, con l’allargamento della platea dei lavori gravosi e un emendamento approvato in Senato che riduce da 36 a 32 anni il requisito contributivo per far accedere all’anticipo pensionistico i lavoratori edili e i ceramisti), non altrettanto può dirsi per quelle a sostegno della liquidità delle imprese (3 miliardi per il fondo di garanzia PMI) e degli investimenti pubblici e privati. Il super bonus 110 per cento, così come i bonus per la ristrutturazione (50 per cento) e la riqualificazione energetica (65 per cento) sono stati prorogati “a geometria variabile”, con un décalage perfezionato dagli emendamenti approvati dalla commissione bilancio del Senato. Positive le scelte per l’università e la ricerca, meno quelle sulla scuola, che è stato necessario rafforzare con una serie di emendamenti approvati in Senato. Dulcis in fundo, gli enti locali. La legge di bilancio ha incrementato le risorse finalizzate al potenziamento di alcuni servizi comunali (Aisi nido, trasporto scolastico disabili, estensione a Sardegna e Sicilia della quota FSC per potenziare i servizi sociali), ha rifinanziato i fondi per la progettazione, destinato risorse per i livelli essenziali delle prestazioni per la non autosufficienza e raddoppiato in tre anni le indennità dei sindaci (una scelta sacrosanta, che rompe una spirale demagogica che aveva progressivamente impoverito e dequalificato un ruolo di grande impegno e responsabilità). L’esame parlamentare ha aggiunto le risorse per ripianare il disavanzo dei comuni metropolitani (la norma cosiddetta “salva-Napoli”) e finanziare altri tre mesi di esenzione dal canone unico patrimoniale per i pubblici esercizi (la “tassa sui dehors”). Nel complesso bene. Con la consapevolezza che rimane aperta la partita – ormai improcrastinabile – di una riforma complessiva dell’ordinamento e della finanza degli enti locali.
*di Antonio Misiani, Senatore della Repubblica, Ufficio di Presidenza Ali