Entro la fine di dicembre le 76 Province delle Regioni a Statuto Ordinario andranno al voto, tutte, per il rinnovo dei Consigli Provinciali, e per una buona metà, per la rielezione del Presidente.
Dalla riforma delle Province introdotta con la legge 56/14, sarà la terza volta che si rinnovano i Presidenti di Provincia e la quarta volta che si vota per il Consiglio provinciale in 7 anni: sempre se tutto è filato liscio dal 2015 ad oggi. Se, quindi, da quando ci sono state le prime elezioni di secondo livello non ci sono stati Sindaci o Consiglieri comunali che hanno terminato il mandato, per qualunque motivo. Perché in quel caso, come è accaduto per tante province, quelle di questo inverno saranno le quinte, seste, settime elezioni. A guardare bene, non c’è stato un anno, dal 2015 ad oggi, in cui non si sia votato nelle Province: l’unica pausa è stata quella obbligata dal Covid per il 2020.
Un quadro sconfortante, che dimostra come le procedure che sono state definite per la legge elettorale di secondo livello delle Province non funzionano e presentano criticità che devono essere risolte per evitare che sui territori si lasci spazio a incertezze e precarietà, a svantaggio degli stessi Comuni.
Perché le Province – è questa la grande innovazione introdotta dalla riforma – sono le Case dei Comuni, le istituzioni in cui i Sindaci insieme, in maniera collaborativa, definiscono lo sviluppo delle comunità amministrate, senza condizionamenti dettati da campanilismi o appartenenza partitica.
Garantire stabilità alle Province significa garantire ai Comuni, ai più piccoli come ai grandi, una Casa autorevole in grado di assistere, valorizzare e sostenere lo sviluppo economico e sociale di tutti i cittadini del territorio.
È possibile assicurare questa autorevolezza se non c’è continuità di amministrazione, considerato che ogni due anni in media si deve tornare ad eleggere il Presidente e il Consiglio dell’istituzione che ha le funzioni di coordinare lo sviluppo locale, di promuovere gli investimenti, di garantire a 2 milioni e mezzo di studenti e studentesse delle superiori, scuole sicure, moderne, efficienti, capaci di aiutarli nel loro percorso di apprendimento?
È da queste considerazioni, da questi numeri, che noi riformisti dobbiamo partire, per affermare senza timidezze che la revisione della Legge sulle Province è urgente. Non come tema da offrire in pasto ad ogni campagna elettorale, non come argomento da opporre tra partiti e correnti, non come questione politica, ma per garantire ai territori di essere in grado di cogliere tutte le sfide e tutte le opportunità al meglio delle possibilità.
Lo dobbiamo dire soprattutto, noi, Sindaci riformisti, che in questi anni di incertezze più di tutti abbiamo accettato questa sfida e governiamo oltre la metà delle amministrazioni provinciali. E lo facciamo anche bene, se è vero che non appena abbiamo ricevuto ascolto dai Governi, e risorse per i servizi che garantiamo, li abbiamo saputi spendere ricostruendo le strade provinciali e mettendo in sicurezza le oltre 7000 scuole superiori di cui ci occupiamo, e aumentando del 20% la spesa per gli investimenti in opere pubbliche.
Ma le risorse da sole non bastano. Se è vero, come ci ricorda sempre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che è dovere delle istituzioni garantire a tutti i cittadini pari diritti e dignità, sia che vivano nelle grandi aree urbane che nella sconfinata provincia italiana e nelle aree interne, allora è il momento di fare un passo in avanti e riportare certezza laddove abbiamo generato caos. Di rendere veloce anche l’Italia delle Province.
Servono interventi normativi, e sono urgenti, sia a livello nazionale che regionale: scelte decisive per dar corpo ad una Provincia capace effettivamente di assolvere al ruolo di governo ad essa affidato.
A partire dal consolidamento e l’ampliamento delle funzioni fondamentali delle Province includendovi tutte quelle tipiche di area vasta, dalle funzioni ambientali e di pianificazione strategica dello sviluppo locale e di governo del territorio. Ma occorre anche includere tra le funzioni fondamentali delle Province Case dei Comuni, quelle relative all’assistenza e al supporto ai Comuni, anche con la valorizzazione e qualificazione delle Stazioni Uniche appaltanti provinciali, attraverso la chiara individuazione, con norme puntuali, dell’ambito provinciale come livello preferenziale per attuare un rilancio e un mantenimento di un’adeguata propensione agli investimenti per lo sviluppo locale nei territori di riferimento. Ciò anche coadiuvando l’azione dei piccoli e medi Comuni nelle politiche di investimento locale e nella gestione degli spazi finanziari e dei contributi pubblici, sia regionali, statali ed europei, destinati a tale comparto di spesa.
A livello regionale è indispensabile la revisione della legislazione in coerenza con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, in particolare rispetto alle funzioni di area vasta accentrate a livello regionale (o a livello di agenzie/enti strumentali) riportando nelle Province, rispetto ai servizi pubblici locali, le funzioni attualmente attribuite ad ATO di dimensione regionale, sovra-provinciale o sovra-comunale (bacini trasporti, bacini idrici, ambiti rifiuti, ecc.).
Dobbiamo ripristinare l’equilibrio territoriale tra aree fortemente urbanizzate e aree interne, consolidando il rapporto, che non può essere di contrapposizione o di competizione, tra Province e Città metropolitane e tra i due enti e la Regione.
Lo stesso PNRR ci impone questa sfida, richiamando le istituzioni a promuovere uno sviluppo equo, paritario, attraverso una “nuova politica territoriale” che riduca la frattura tra città e campagna e tra centro e periferia, colmando i divari territoriali che si sono prodotti in maniera traversale non solo tra nord e sud, anche a causa anche dell’abbandono delle politiche provinciali di sviluppo.
Se riusciamo a superare la frammentazione amministrativa e la sovrapposizione di competenze eliminando gli enti strumentali e le strutture che svolgono impropriamente funzioni di livello locale, potremo recuperare risorse e ridurre burocrazia inutile.
Né possiamo continuare a mantenere questa disciplina sugli organi di governo e sul loro sistema di elezione, con organi che hanno scadenze di mandato differenziate, un Presidente che opera in totale solitudine, territori che hanno perso ogni possibilità di rappresentanza, per non parlare dell’assoluta assenza di parità di genere causata dal sistema elettorale.
Se crediamo davvero in una Italia veloce, allora dobbiamo garantire a tutta l’Italia di poter correre alla stessa velocità. Nell’immediato, per vincere la sfida del PNRR, ma in maniera strutturale, con lo sguardo in avanti, come sanno fare i riformisti, per far sì che lo sviluppo sia duraturo ed equo.
E’ anche per questo che ALI ha aperto le sue porte al Coordinamento dei Presidenti di Provincia, che in questa casa, con il sostegno di tutti i riformisti, proverà a raggiungere questo obiettivo.
*di Luca Menesini, Presidente della Provincia di LUCCA, Sindaco di Capannori e Coordinatore dei Presidenti di Provincia ALI – Autonomie Locali Italiane