Quanto l’emergenza sanitaria abbia trasformato le nostre vite, sia dal punto di vista familiare e delle relazioni che dal punto di vista lavorativo lo abbiamo sperimentato tutti. A cambiare è stato il rapporto tra famiglia e lavoro, tra vita privata e vita lavorativa laddove soprattutto le donne hanno dovuto affrontare la sfida di prendersi cura dei familiari malati o disabili, di accudire i propri figli, di supportarli nella didattica a distanza e, allo stesso tempo, proseguire l’attività lavorativa.
La conciliazione vita lavoro o meglio l’insufficienza di servizi di conciliazione che vadano incontro ai vissuti personali di ciascuno rappresenta un problema serio nel nostro Paese che si è ulteriormente accentuato con la pandemia. E a pagarne il prezzo più alto sono le donne. Non è un caso che l’Italia, come risulta dall’Eu Gender Equality Index 2021 sia ultima in Europa per lavoro femminile e riduzione del divario retributivo tra i generi. Responsabilità di cura domestiche e familiari che gravano sulle donne unite al forte radicamento di stereotipi, rappresentano i principali fattori che ci fanno posizionare in basso alle classifiche in tema di occupazione femminile e divari di genere. D’altra parte è alta la richiesta di servizi da parte dei cittadini, come emerso da una recente ricerca di ALI su “Le politiche sulle pari opportunita’ nelle amministrazioni locali in italia”: i cittadini chiedono agli amministratori locali maggiori servizi di supporto alla genitorialità durante la chiusura della scuola (42,3%), più servizi di trasporto per le persone fragili (39,7%), più asili nido pubblici e centri estivi per minori (30%).
Il progetto R.A.F.F.A.E.L.- Redesigning Activities in a Family Friendly wAy in VitErbo’s workpLaces, finanziato nel 2019 dal Programma Europeo per l’Occupazione e l’Innovazione sociale (EASI2014-2020) e attualmente in corso, intercetta questi bisogni e sviluppa nella Provincia di Viterbo un modello innovativo di servizi per la conciliazione vita-lavoro che si basa sulla collaborazione tra organizzazioni pubbliche e private e sull’integrazione delle misure di welfare pubblico e aziendale.
La Provincia di Viterbo, in qualità di coordinatore del progetto sostenuto da un ampio partenariato composto da ALI, Leganet, Studio Come, Forum Terzo settore Lazio, Fondazione Nilde Iotti, Consorzio Mipa, IASI CNR, Dipartimento di sociologia della NTN University (Norvegia), Associazione IRSH, ha avuto un ruolo cruciale nel coinvolgimento degli attori locali, sia pubblici che privati. Il tavolo provinciale per lo sviluppo di politiche e servizi di conciliazione presieduto dal Presidente della provincia di Viterbo, è stato sede di incontro e confronto tra i soggetti territoriali, pubblici e privati, utile per una lettura dei bisogni territoriali e per la condivisione di conoscenze ed esperienze sui servizi e sulle politiche da costruire insieme. Per la Provincia, quale ente intermedio tra Comuni e Regione, il progetto ha rappresentato un’esperienza importante restituendo un ruolo proprio con riferimento alle funzioni di coordinamento svolte nei confronti dei comuni che poi, a loro volta, si occupano di erogare direttamente i servizi.
I servizi attivati grazie al progetto, sono servizi che liberano il tempo e vanno incontro al cambiamento profondo del lavoro cosi come è stato accellerato dalla pandemia, alla necessità di dare il giusto valore al tempo di cura delle persone. Il valore del tempo e l’obiettivo di un tempo di vita che consenta soprattutto alle donne di vivere la maternità senza rinunciare al lavoro, di avere tempo per se stessi, di avere un tempo del lavoro equilibrato rispetto alle opportunità di servizi per la cura delle persone, della famiglia, della società.
I cittadini di tutto il territorio provinciale possono accedere a titolo gratuito ai servizi di conciliazione vita e lavoro attivati con il progetto Raffael che vanno a rafforzare la rete dei servizi sociali, educativi e di supporto alle famiglie già presenti nel territorio.
Dal servizio “Maggiordomo territoriale” a disposizione dei cittadini per la consegna della spesa piuttosto che per l’ acquisto di farmaci o il pagamento delle bollette al servizio“Spazio Compiti”di aiuto compiti per i ragazzi dai 6 ai 14 anni; dal servizio “Contact center Family line”per attività di accompagnamento e ripresa dei bambini a scuola e presso le attività ludiche o sportive ai servizi ponte per attività creative, sportive e musicali e supporto didattico per i bambini in età scolare nei periodi di vacanze e chiusura delle scuole; dal servizio “Spazio coworking” allo “Spazio baby”ambiente educativo dove chi usufruisce dello spazio di coworking può portare il proprio bambino. Infine il servizio “Più tempo per gli anziani”che offre attività di supporto per favorire la riattivazione delle persone dal punto di vista sociale e relazionale.
Se è vero che la pandemia ha causato difficoltà nella realizzazione dei servizi cosi come erano stati originariamente pensati, è altrettanto vero che ha rappresentato l’occasione per riprogettare e riorientare i servizi in funzione dei bisogni del territorio ei risultati sono stati più che soddisfacenti.
Ad oggi ai servizi stanno partecipando 103 utenti, da famiglie a bambini ad anziani, ma il dato più interessante, emerso dai questionari,è che il 90% delle 167 persone che hanno risposto dichiarano di non aver mai usufruito di servizi per la conciliazione vita lavoro.
Durante il recente evento di confronto internazionale sulla condivisione delle responsabilità a cui hanno partecipato anche i partner del Nord Europa, si è fatto il punto sul sistema dei congedi parentali in diversi paesi UE. Se lo sviluppo del sistema dei congedi parentali in Norvegia con l’incremento progressivo del numero di settimane dimostrano come questo sistema abbia contribuito a promuovere le pari opportunità tra uomo e donna e abbia inciso in maniera positiva sulla crescita dei figli, in Italia, nonostante i passi avanti fatti a livello legislativo, resta un grande dislivello padre madre nell’uso dei congedi. Nello scarso utilizzo del congedo da parte del padre permane ancora uno stereotipo di genere, ma soprattutto conta molto se il congedo è retribuito oppure no perché di fronte a disparità salariale tra uomo e donna resta a casa la donna. Anche il congedo covid anno 2020 è stato utilizzato soprattutto dalle donne e questo dimostra come ancora tanta strada ci sia ancora da fare per superare gli stereotipi di genere nel nostro Paese.
Il progetto Raffael terminerà formalmente a Luglio, ma l’obiettivo è assicurare continuità ad un progetto che è riuscito a mettere insieme i servizi di welfare pubblico con quelli aziendali. L’obiettivo è strutturare questi servizi attraverso i Piani di zona, anche in considerazione delle opportunità finanziarie regionali, nazionali ed europee , a partire da quelle previste nel PNRR.
*di Paola Manca, Ufficio Studi di ALI